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Scrubs, la dramedy che ha riscritto le regole di un intero genere

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Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler su Scrubs

Scrubs, che nel 2021 ha festeggiato ben 20 anni dalla sua prima uscita, ancora oggi detta molte regole e ancora oggi riscopre seguaci e ammiratori. Il motivo è semplice: nata come satira di un certo tipo di Serie Tv in voga in quel momento (prima fra tutte E.R- Medici in prima linea e a seguire Grey’s Anatomy), è in realtà una serie che va a scandagliare stereotipi legati al mondo della sanità e non solo e che ha insegnato ad un’intera generazione come poter ridere a crepapelle e allo stesso tempo piangere come fontane. Detta così potrebbe sembrare semplicistico, ma quello che compie Bill Lawrence (creatore di Scrubs) è quasi un atto di ribellione inconsapevole. Scrubs, infatti, rompe le regole narrative delle serie televisive e ci insegna un modo tutto nuovo di affrontare la comicità. Se il primo intento era quello di deridere determinate situazioni narrative tipiche delle serie legate alla medicina (partendo proprio dal titolo della serie: il titolo intero di Scrubs riporta il sottotitolo Medici ai primi ferri, chiaro riferimento al sottotitolo di E.R.- Medici in prima linea) col passare degli anni e con lo scorrere delle varie stagioni Scrubs dimostra di saper far ridere ma soprattutto di non avere assolutamente nulla da imparare. Anzi, chiunque abbia visto Scrubs, può dire che è proprio questa serie ad aver insegnato qualcosa a tante altre Serie Tv venute dopo.

Ma lungi dall’essere un articolo esclusivamente celebrativo di Scrubs, è interessante andare a capire come la serie sia riuscita a far collimare comicità e dramma in ogni singola puntata e come questa operazione le riesca sempre magnificamente bene. Scrubs, se ci fosse bisogno di ricordarlo, parte dal presupposto narrativo di raccontare le vite di alcuni giovani specializzandi in medicina e in chirurgia nell’Ospedale del Sacro Cuore e si imposta su una narrazione in prima persona (la voice over è quasi sempre quella di J.D.) che permette allo spettatore di immedesimarsi completamente nelle vicende dei personaggi. Già solo questo primo espediente ci dà lo spunto per cogliere l’unicità di Scrubs: guardiamo ciò che succede con gli occhi di J.D. ed empatizziamo sia con lui che con i suoi interlocutori. L’espediente narrativo della prima persona e soprattutto la più famosa scelta registica dell’utilizzo dei flashback e dei flashforward rendono Scrubs una serie in continuo movimento, che gioca con il tempo e con lo spazio e che non annoia nemmeno un minuto. Inoltre, l’ironia che Scrubs utilizza è un tipo di ironia che riesce ad essere allo stesso momento semplice e ricercata. Il tono della voice over di J.D. è spesso enfatizzato, quasi a voler suscitare per forza un’emozione e la maggior parte delle volte tutto ciò è ovviamente voluto; come si diceva in precedenza la derisione di alcune Serie Tv che avevano come caratteristica proprio una narrazione forzatamente emotiva è la base di Scrubs. Ma ciò che Scrubs riesce a fare è andare oltre la “semplice” satira e riesce a delineare un tipo di comicità tutto suo, creando un nuovo modello.

Quando parliamo di dramedy, quindi, ci viene spontaneo pensare a Scrubs.

La serie, infatti, ha la caratteristica di saper coniugare perfettamente momenti molto comici a momenti molto commoventi e complessi. Alcune delle più belle puntate di Scrubs sono proprio quelle in cui la narrazione verte su entrambi i fronti e fa sì che lo spettatore provi una miriade di emozioni diverse in solo venti minuti circa di puntata. Per studiare questo fenomeno che solo Scrubs riesce a restituire in questo modo basterebbe una sola puntata su tutte: la 3×14, intitolata “My Screwup”, in cui vediamo la morte di Ben Sullivan, fratello di Jordan e migliore amico del Dottor Cox. Senza entrare nei particolari dei personaggi e delle loro splendide caratterizzazioni, la puntata sembra essere l’esempio perfetto di come Scrubs abbia la capacità di mantenere sempre la sua linea comica anche affrontando un tema doloroso e difficile come la morte. Nella puntata in questione, infatti, vengono messi in parallelo due eventi: il compleanno di un bambino di un anno e la morte prematura di un uomo adulto ma molto giovane. Per prima cosa il parallelismo viene messo in atto con un espediente davvero originale, ossia la non accettazione da parte del Dottor Cox dell’evento tragico e la conseguente negazione della realtà da parte di quest’ultimo. In secondo luogo, nella puntata esce fuori paradossalmente, tutta la forza ironica del personaggio di Cox che, con a fianco il suo migliore amico Ben, riesce ad essere completamente se stesso distaccandosi anche dalla più solita narrazione che lo vede protagonista di scene esilaranti alla prese con J.D. Può sembrare assurdo ma la 3×14 è forse una delle puntate più commoventi di Scrubs e, sulle note di Winter di Joshua Radin, chiunque abbia visto la puntata piange come un disperato subito dopo aver riso a crepapelle alle prese con Cox.

Per questo il termine dramedy, per Scrubs, forse risulta troppo semplificativo. Saper ridere e saper piangere allo stesso tempo può sembrare scontato: in fondo, nella vita così come nelle Serie Tv, si alternano continuamente momenti di comicità a momenti di tristezza. Scrubs sembra aver intuito tutto ciò e sembra aver trovato la formula magica per far sì che i due poli riescano a coesistere in armonia. Infatti Scrubs dimostra, in più di un’occasione, di saper maneggiare degli espedienti narrativi che rimandano sia a situazioni comiche sia a situazioni complesse e spesso tragiche. La forza della serie sta proprio nella dimestichezza dei suoi autori con un certo tipo di comicità e con un certo tipo di analisi del dramma: in ogni puntata le due cose non si limitano a coesistere ma si intrecciano e creano una narrazione molto legata alla realtà, molto legata alle persone che guardano Scrubs. Entrambi i tipi di narrazione sono infatti esemplari e studiati nel minimo dettaglio, definiti soprattutto dalle varie trame e dai personaggi che le compongono. Scrubs fa ridere con un tipo di comicità semplice e ben congeniata, che non risulta mai scontata e soprattutto che non stanca davvero mai. Allo stesso tempo sa far piangere soprattutto andando ad analizzare l’animo umano, attraverso i suoi personaggi, e lo fa in modo reale, puro e per niente forzato. Nonostante la base iniziale da cui parte, Scrubs non è mai forzata e riesce a scardinare stereotipi e semplici eventi di vita quotidiana da quella che doveva, inizialmente, essere “solo” una serie comica e satirica.

Scrubs è molto di più, in ogni frangente. Ha insegnato a molte altre Serie ma soprattutto ai suoi spettatori a saper accettare più sfaccettature e ad avere il coraggio di analizzarle e farci i conti. Noi adepti del Sacro Cuore non possiamo fare a meno di ricordare Scrubs con una certa malinconia che si fonda sulla mancanza della nostra serie preferita ma anche e soprattutto sulla mancanza di un’altra serie che sia anche solo simile alla nostra preferita. In Scrubs si può trovare qualsiasi tipo di emozione umana e soprattutto si può trovare sempre il modo di ridere anche delle avversità o degli ostacoli. Scrubs ci ha dato e continua a darci una linea guida su cui basarci, un sentiero da percorrere fatto principalmente di amicizia, amore e sacrificio. Tra una risata e l’altra, tra un piantino e l’altro, abbiamo compreso il coraggio dal Dottor Cox, la positività da Turk, l’accettazione di sé da Elliot, la determinazione da Carla e l’audacia da J.D. I nostri personaggi preferiti diventano dei maestri interpreti di una serie che maestra è già di un intero genere. E allora se la definizione dramedy non ci basta più è perché in una sola parola non si riesce a racchiudere qualcosa o qualcuno che ci ha resi chi siamo oggi. Scrubs ci dice come saper ridere può salvarci la vita ma anche come saper piangere è fondamentale per affrontare la vita stessa col coraggio che richiede. Nessuna scuola può insegnare tutto questo.