ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Untamed, la nuova miniserie thriller di Netflix!!
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Indomito. Selvaggio. Recalcitrante. Aspro. Misterioso. Oscuro. Indomabile e impervio. È il mondo di Untamed, scolpito tra le montagne rocciose dello Yosemite National Park, dove la natura sembra inghiottirti con la sua forza sovrannaturale. I colori sono troppo vividi per offuscarci i ricordi. Il cielo troppo grande per potergli sfuggire. Sei solo contro la maestosità di ciò che ti circonda. Non puoi scappare. La natura – così libera, selvaggia, incontaminata – è una prigione senza sbarre che ti inchioda al mondo con tutto il carico di sofferenze, tormenti, angosce e prostrazione.
Sfugge a qualsiasi controllo e quindi è imprevedibile. Ti riconduce dove non vorresti essere. Riporta a galla malloppi di ricordi sommersi che credevi di aver rimosso. Nella natura selvaggia le persone pensano che nessuno le guardi, perciò fanno qualunque bastardata salti loro in testa. Il mondo di Untamed è un mondo senza regole, libero e selvaggio come il panorama circostante. I personaggi si muovono a loro agio tra le montagne, la boscaglia, i dirupi e le pareti che scivolano a strapiombo sul Parco. Ma dalla natura vengono anche schiacciati.
Untamed è il nuovo thriller dell’estate, una serie tv per la quale c’erano buone aspettative alla vigilia.
Dopo Dept. Q: Sezione casi irrisolti, Netflix ha sfornato un altro titolo riconducibile al genere mystery crime. Cupo, intenso, angoscioso, vivace e coinvolgente. Adatto al binge-watching, con una fotografia che rapisce lo sguardo, un cromatismo intenso e una sceneggiatura che tiene col fiato sospeso. Eric Bana (coinvolto anche nel progetto di Hanna) è il protagonista della storia. Un nome pesante, che si cala in un ruolo emotivamente coinvolgente e riesce a farlo con assoluta credibilità. Accanto a lui, Sam Neill (Jurassic Park) nei panni del capo Paul Souter, Lily Santiago a interpretare la collega Vasquez e Rosemarie DeWitt nel ruolo dell’ex moglie Jill.
Un cast di nomi che incide in positivo sullo show e che dà la propria impronta alla storia. I personaggi di Untamed non sono mai quello che crediamo. Fino alla fine, c’è sempre un vecchio segreto che viene a galla. Una storia che riemerge dopo tanto tempo, un trauma che ancora torna a tormentare, un’omissione che sconvolge gli equilibri, un macigno che ci si trascina dietro non visto, inosservato. Malgrado gli strumenti degli sceneggiatori si siano soffermati a incidere in particolare il temperamento del protagonista, gli altri attori riescono a dar vita a delle figure sfuggenti, arcigne, indomite e indomabili come l’ambiente circostante. I sei episodi di Untamed prevedono un’alternanza alla regia, ma la firma sullo show è quella di Mark L. Smith, che ha lavorato con Elle Smith.
Smith è il creatore di Revenant e American Primeval, due prodotti d’intrattenimento che hanno fatto del paradigma uomo-natura il loro punto di partenza.
Come nel film con Di Caprio, e come nella serie Netflix, l’uomo è un individuo perso nel mondo circostante. La natura può essere amica e alleata, ma anche infida e letale. Può schiacciarti, distruggerti e travolgerti senza che tu abbia i mezzi per contrastarla. Ma mentre in Revenant questo connubio è molto più permeante, nelle due serie disponibili su Netflix il rapporto è più sfumato, leggibile tra le righe. Il centro di Untamed è occupato dalle indagini dell’agente Kyle Turner (Eric Bana), cui è affidato il compito di scoprire cosa ci sia dietro la morte di una giovane ragazza precipitata da una parete per arrampicata. Si è trattato di un incidente? La ragazza veniva inseguita da un animale? È stato un suicidio in preda ai deliri della droga? O forse c’è altro dietro il corpo lacerato della giovane?
È ciò che il direttore del Parco vuole scoprire, preoccupato che le storie di morti improvvise sotto la sua supervisione possano spaventare i turisti. A Kyle Turner non importa nulla di tutto ciò. L’agente è schivo, burbero, ha dei modi pessimi e nessuno dei suoi colleghi farebbe salti di gioia per seguire un caso insieme a lui. Per questo gli viene affidato l’agente Vasquez, una poliziotta madre di Los Angeles che dalla città viene trasferita nello Yosemite Park insieme al suo bambino. Man mano che si va avanti con gli episodi, si scopre che Vasquez e Turner sono entrambi alla ricerca di rifugio. Ciascuno di loro scappa da qualcosa: Turner dal dolore che il passato ancora gli causa, Vasquez da un ex compagno oppressivo e violento che vorrebbe spingerla a mentire per lui.
Entrambi trovano nella natura circostante una casa e una prigione. Forse anche un enorme spazio vuoto al quale consegnare paure, rimorsi, sensi di colpa, menzogne e parole troppo dolorose per poter essere pronunciate.
La morte della ragazza nasconde ovviamente segreti ancor più sconvolgenti. La sua identità è legata al passato del Parco e dei suoi dipendenti. Così ciascuno è costretto a misurarsi con i ricordi del proprio passato, con le bugie dette per anni e con vecchi misteri mai risolti. Ogni progresso nelle indagini in corso sblocca nuove storie e nuovi interrogativi. Alla fine, ogni cosa è collegata, il mosaico è molto più ampio di quanto si potesse pensare. Più che sul caso da risolvere, Untamed si focalizza sulla storia personale del suo protagonista. Eric Bana è un uomo con un passato dolorosissimo alle spalle. Lui e sua moglie Jill hanno perso un bambino, rapito e poi ucciso in quello stesso Parco su cui Kyle avrebbe dovuto vigilare.
Una ferita così non si rimargina mai, neanche dopo tanto tempo e nonostante l’aiuto delle persone care. L’agente Turner è un uomo che si aggrappa ai ricordi del passato. È guidato dalla voce del suo bambino, che ancora sente e che lo trascina per mano. Non ha più uno scopo nella vita e cerca una morte rapida e silenziosa che lo riconsegni alla natura e lo ricongiunga con la parte di sé che ha perso. Solo che darsi la morte fa paura e forse Turner non è ancora pronto. Allora si aggrappa alla risoluzione del caso con tutte le forze. Come se lo stesse facendo per suo figlio, per riappacificarsi col passato, per dare pace a un’altra vittima innocente morta proprio nel suo Parco.
Untamed è quindi un thriller, ma molto introspettivo. Il focus non è solo la risoluzione di un mistero, ma la storia tragica dei suoi protagonisti.
I fili da afferrare sono tanti e forse non tutti trovano lo spazio che avrebbero meritato. Ma ogni pezzettino concorre a costruire il quadro generale e ci conduce al punto di partenza: l’uomo è una pedina abbandonata alla maestosità della natura. Se ha la forza di contrastarla, sopravvive. Altrimenti affonda. Nella calura dell’estate, un buon motivo per iniziare Untamed potrebbe essere proprio lo scenario pulito e limpido nel quale la storia è ambientata. È un thriller che sa dosare il climax e sa tenere sol fiato sospeso.
Nonostante una risoluzione un po’ frettolosa nel finale, Untamed si diverte a capovolgere le certezze appena conquistate con nuovi risvolti e nuovi colpi di scena. Ma è proprio il lavoro fatto sul personaggio di Eric Bana a meritare l’attenzione dello spettatore. Affondare le mani nel suo dolore è come inabissarsi tra le sporgenze spigolose e impervie di uno scenario selvatico e indomabile che domina la scena dal primo all’ultimo episodio. Un buon titolo da salvarsi nel catalogo per queste vacanze estive.










