ATTENZIONE: il seguente articolo contiene spoiler su Tulsa King 3.
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Dopo due episodi in cui Tulsa King 3 aveva rallentato il passo, quasi prendendosi una pausa nonostante il caos della distilleria, l’episodio 6, intitolato Bubbles, arriva come un colpo di frusta. È il momento in cui la serie di Taylor Sheridan ritrova la sua vera natura: sporca, rumorosa, spietata, ironica e profondamente umana.
Non più riflessioni lente o attese prolungate nel silenzio.Tulsa King 3 torna ad affilare le unghie e a mordere. Dwight Manfredi, interpretato da un Sylvester Stallone sempre ricco di sfumature brillante, si ritrova al centro di un uragano di azione, sospetti e rivelazioni che cambiano il gioco. È un episodio di passaggio, certo. Il trampolino di lancio dal quale si intravede la fine. ma anche una dichiarazione di intenti: il re è tornato, e non intende mollare il trono.
Tulsa King 3: quando il viaggio diventa una confessione
Ne abbiamo già parlato a proposito di questa stagione. Il viaggio è un elemento ricorrente. Una delle cifre stilistiche più affascinanti di Taylor Sheridan. Il modo in cui usa il viaggio per far parlare i personaggi è affascinante, quasi poetico. Lo aveva già fatto in Yellowstone, lo ha fatto in 1883 e in 1923. Lo ha ripetuto in Mayor of Kingstown e lo porta avanti anche qui, in Tulsa King 3.
In Bubbles, ogni auto in movimento diventa un piccolo laboratorio emotivo, una cabina di decompressione dove i protagonisti si spogliano delle loro maschere. Cleo e Mitch, per esempio, tornano insieme sulla strada. Lei confessa la paura, lui ribadisce la fiducia cieca in Dwight. È una scena che sembra minore ma è invece un cuore pulsante della puntata. Sheridan usa il dialogo in viaggio per rivelare le fragilità che restano nascoste durante le guerre di potere.
Poi ci sono Dwight e Tyson. Le loro chiacchiere, tra lezioni di vita, battute sulla musica e consigli da padre a figlio, sono il respiro umano di Tulsa King 3. Sheridan costruisce tra i due un legame che va oltre la lealtà criminale: Tyson non è più solo il ragazzo che guida, ma un vero discepolo, costretto a crescere troppo in fretta in un mondo che non perdona.
E poi c’è Bodhi, che viaggia con Grace in un’auto dove tensione e flirt si mescolano in un modo tutto loro. Sono l’esempio perfetto del tono della serie: cupo ma ironico, violento ma umano.
Cole Dunmire, un uomo destinato al fallimento

Non è un caso che Cole viaggi da solo. Sheridan gli costruisce attorno un isolamento che diventa simbolico: mentre gli altri si muovono in coppia o in gruppo, Cole affronta il mondo senza compagni. L’episodio ci svela il perché. Il fantasma del fratello morto in guerra aleggia su di lui come una condanna, e il padre Jeremiah è una figura impossibile da soddisfare. Non solo: ci tiene a sminuire l’unico figlio che gli è rimasto con una crudeltà glaciale.
Per questo Cole è un uomo che non riesce mai a essere all’altezza, e per questo la sua solitudine sulla strada diventa una metafora potente. Quando lo vediamo fallire ancora una volta, non è solo l’ennesima goffaggine di un antagonista ma il dramma di un figlio che non riesce mai a rendere fiero il padre.
Tulsa King 3 ritrova il ritmo (e la rabbia)
Dopo due episodi più lenti, Bubbles restituisce energia e direzione alla stagione. Tutte le sottotrame cominciano finalmente a intrecciarsi, e Tulsa King 3 dà di nuovo la sensazione di muoversi verso qualcosa di grande.
La confessione di Dwight a Joanne (“i federali mi tengono al guinzaglio”) è la miccia che accende l’intero episodio. Ci viene mostrato un uomo stanco ma ancora pericoloso. Un gangster che deve conciliare l’onore del vecchio codice con la sporcizia delle nuove alleanze. Il suo discorso sulla paura del successo è emblematico: più si sale, più la caduta fa paura. E Dwight, che ha passato la vita a ricominciare, ora teme di perdere tutto.
Mentre la sua organizzazione si muove nell’illegalità più caotica (distilleria chiusa, distribuzione clandestina, alleanze in frantumi, alleati sul piede di guerra) il protagonista pianifica freddamente la prossima mossa. Quella cioè, di espandersi oltre Tulsa e diventare un nome nazionale. È un piano tanto folle quanto affascinante, che ribadisce una delle grandi ossessioni di Tulsa King 3: la fame di potere e la paura del declino.
Nel frattempo, Jeremiah Dunmire continua a muovere i suoi pezzi. E qui gli autori giocano un’altra carta vincente perché ogni antagonista rappresenta un diverso tipo di fallimento. Jeremiah, con il suo autoritarismo freddo, è l’immagine del padre-padrone che distrugge i figli. Musso, con i suoi intrighi federali, è il sistema che divora i propri burattini. E poi c’è Quiet Ray, forse il personaggio più ambiguo e sottovalutato della stagione.
L’incontro tra Dwight e Quiet Ray: due volpi nella stessa tana
La scena dell’incontro tra Dwight e Quiet Ray al ristorante è uno dei momenti più intensi e ben scritti di Tulsa King 3. Tutto parte con un dialogo pieno di metafore e finisce con minacce aperte e pistole pronte sparare. È un faccia a faccia che profuma di cinema anni ’70, di gangster movie alla Donnie Brasco, ma con l’ironia sorniona che Sheridan sa infilare nei momenti più tesi.
Ray pretende l’80% dei profitti dell’attività di Dwight. Ottanta! È una richiesta talmente assurda da sembrare comica, ma serve a mostrare il disprezzo con cui Ray guarda il protagonista. Eppure Dwight non si lascia intimidire. Lo affronta, lo provoca, lo accusa persino del rapimento di Bill, errore strategico, certo, ma coerente con la sua impulsività da vecchio leone che non vuole sentirsi braccato.
Poi tutto esplode. Letteralmente. Cole irrompe con i suoi uomini e trasforma il locale in un campo di battaglia. Pallottole, vetri, caos. È la sparatoria più intensa della stagione ma anche quella che cambia gli equilibri: da quel momento, la guerra tra Tulsa e New York non è più fredda. È dichiarata.
Tulsa King 3: caos, humour e shock

Nel mezzo del caos, Tulsa King 3 non dimentica di piazzare colpi di scena che lasciano il segno. Il corpo di Armand viene trovato, apparentemente suicida. È davvero così o qualcuno ha deciso di chiudere una bocca scomoda prima che potesse parlare? Al momento non abbiamo risposte. E proprio per questo il mistero funziona perché tiene lo spettatore in bilico, costretto a chiedersi chi, ormai, sia ancora al sicuro.
La stessa domanda si impone davanti al destino di Bill, l’ex alleato di Dwight finito nelle mani di Musso. Non è un caso, né un incidente: è un’eliminazione strategica. Bill stava per scoprire che Dwight lavora per i federali, e Musso non poteva permettersi che il suo piano di vendetta contro l’Orologiaio andasse in fumo. Così, lo ha fatto arrestare perché chi non serve più diventa un ostacolo da rimuovere. È il riflesso più cinico del potere, ma anche il più realistico.
Eppure, per quanto la serie sprofondi in drammi, tradimenti e morti sospette, non perde mai il suo senso dell’umorismo nero. Anzi, è proprio qui che Tulsa King 3 mostra una delle sue grandi qualità: la capacità di mescolare toni con maestria. Ci sono momenti di pura adrenalina come la sparatoria al ristorante, il blitz alla distilleria, Bigfoot che mena cazzotti a tutto spiano a una stazione di servizio. Ma anche lampi di ironia irresistibile come e battute tra Dwight e Tyson sulla camminata e persino quel tocco da commedia all’italiana quando Dwight si presenta in albergo come Enrico Caruso e dice di aver prenotato un tavolo “a nome Caruso e Pavarotti”.
Tutto questo crea un equilibrio raro. Dramma e risata si tengono per mano senza mai sovrapporsi. È come se Tulsa King 3 ricordasse a se stessa (e a noi) che può essere seria senza prendersi troppo sul serio.
Tulsa King 3: la calma prima della tempesta è (finalmente) finita
La sensazione finale di Bubbles è chiara: la calma è finita. Gli autori hanno premuto il grilletto, metaforicamente e non solo. E da qui in avanti la stagione promette fuoco e sangue. Tutte le trame ora sono intrecciate, le linee narrative convergono e, per la prima volta, tutto ha un peso reale.
È la Tulsa King che volevamo rivedere: aggressiva, tenace, ironica. Capace di alternare risate e brividi nello stesso minuto. Con Bubbles, Tulsa King 3 ritrova la sua voce più autentica e ci ricorda perché questa serie è diventata un piccolo cult del crime contemporaneo. Dopo due episodi più riflessivi, Tulsa King 3 torna feroce, più viva che mai. L’episodio 6 è una promessa: il re è tornato, e stavolta non ha intenzione di cedere il suo trono.






