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The Walking Dead: Dead City 1×01-x02 – Lo spin-off più adrenalinico e crudele è finalmente iniziato

Maggie e Negan in The Walking Dead: Dead City

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Manhattan non piange più in quel di The Walking Dead: Dead City. Si è arresa, come tutti. Si limita a perdere pezzi di sé, a veder scomparire ogni anno un piano dal suo grattacielo. Si scompone per diventare teatro del macabro, dell’orrido, della lotta per la sopravvivenza cominciata oramai anni fa. Ma non piange più. Mostra il fianco a tutto quel che adesso vive senz’anima, privandosene per prima così da poter essere, sempre e soltanto, un palcoscenico fatto di attori che hanno qualcosa da perdere, costretti a stringere alleanze con le persone che più gli hanno fatto male al mondo.

Come accade a Maggie che, nella prima e seconda puntata di The Walking Dead: Dead City, ritorna disincantata e disillusa, ma pronta a rischiare il tutto per tutto per riavere con sé ciò che ha perso. Ed è proprio questo aspetto a essere uno dei più intensi dell’intera saga: anche se in questo mondo non è rimasto più niente, tutti hanno costantemente qualcosa da perdere. Perché finché sei vivo, hai ancora la possibilità di costruire qualcosa che non vuoi e puoi perdere. La vita continua, anche se sotto le macerie di una New York che non esiste più.

Due prime puntate, quelle di The Walking Dead: Dead City, che danno allo spin off tutto ciò che era mancato a The Walking Dead: Daryl Dixon: un vero villain che ci tenga incollati allo schermo come ai vecchi tempi

Maggie e Negan in The Walking Dead: Dead City
Credits: AMC

Il personaggio di Negan in The Walking Dead arriva in un momento particolarmente delicato. La saga ha appena perso qualcosa. Non è più forte come nelle prime stagioni, e il futuro appare sempre più incerto. Ma c’è qualcosa che riesce a fare la differenza incollandoci allo schermo anche se tutto sta cedendo, ed è il personaggio di Negan, uno dei villain più carismatici, affascinanti e complessi mai visti in The Walking Dead. Il suo personaggio ha sempre saputo fare la differenza, tagliare una scena con un solo sguardo. Gli bastava poco. Anche solo per essere terrorizzante. Per la stessa ragione, vedere lo stesso personaggio tornare in The Walking Dead: Dead City aumentava di gran lunga le aspettative sul nuovo prodotto AMC. Aspettative che, almeno in queste prime due puntate, non sono state deluse.

The Walking Dead: Dead City e The Walking Dead: Daryl Dixon (qui la recensione del finale di stagione) condividono un unico elemento costante: una narrazione interamente incentrata sulle conseguenze degli eventi dell’opera originale. Nella seconda Daryl è alla ricerca di sé in un luogo non familiare, Carol fa pace con i sensi di colpa. Nella prima, invece, Maggie si ritrova ad affrontare la morte di Glenn proprio accanto alla persona che lo ha ucciso, Negan che, intanto – dopo un cammino di redenzione affrontato nell’opera originale – rivive il suo passato e rincontra di nuovo la parte più oscura di sé, forse mai davvero allontanata. Tolto questo obiettivo comune, le due Serie Tv sembrano giocare due partite totalmente differenti, e lo si può notare già dall’arrivo di queste prime due puntate (disponibili su Sky e NOW).

The Walking Dead: Dead City si presenta fin da subito più rabbiosa, adrenalinica, crudele, all’altezza di un protagonista come Negan. Dopo anni, torna finalmente ancora una volta al centro della scena con un coltello in mano e tutta la rabbia del mondo. Per quello che aveva e non ha più. Per Ginny. E per sé. E con lui questa volta c’è Maggie, probabilmente la persona che ha ucciso senza mai uccidere davvero. L’unica capace di guardarlo con un disprezzo così profondo da spingerlo a interrogarsi sulla natura dell’essere umano. E da lì, una di quelle massime brutali e sincere che l’hanno reso uno dei villain più carismatici della saga: siamo tutti crudeli. Anche Maggie.

Il loro incontro non è frutto del caso: è stata Maggie a cercarlo, ma non per vendetta. Ha bisogno di aiuto dall’unica persona a cui non avrebbe mai voluto chiedere aiuto. Tra loro c’è un conto in sospeso nato da un dolore che non può essere riparato, perché Negan non potrà mai tornare indietro. Glenn non c’è più perché lui ha scelto di affermare il proprio dominio, di dimostrare la sua forza. E nulla potrà mai cancellarlo. Ma forse può ancora salvare ciò che resta di sé in questo mondo capovolto: suo figlio.

Maggie e Negan in The Walking Dead: Dead City
Credits: AMC

Questo è ciò che Maggie pretende adesso da lui, anche se non pareggerà mai i conti. Chi ha rapito Hershel è infatti una vecchia conoscenza di Negan, e questo lo rende l’unica persona che – conoscendolo – può anticipare le sue mosse e arrivare all’obiettivo. Stiamo parlando del Croato, un ex Salvatore che adesso vive a Manhattan. Negan e Maggie si addentrano nelle strade spettrali e aride di una città svuotata di ogni speranza dove la Statua della Libertà, spogliata del suo valore simbolico, resta a vegliare su una civiltà ormai in rovina simboleggiando la sua decadenza.

Come si trasforma una città quando l’uomo si riduce a una bestia senz’anima? E come può un luogo resistere all’orrore, custodendo le ultime scintille di umanità? Sono probabilmente queste le domande a cui The Walking Dead: Dead City, come già il titolo suggerisce, cerca di dare risposta. Se in Daryl Dixon il viaggio si faceva interrogativo esistenziale, qui il fulcro è tutto su ciò che rimane: persone e luoghi segnati dall’abisso. Sul modo in cui l’uomo imprime la propria brutalità nei luoghi, trasformandoli nello specchio fedele di tutto ciò che ha saputo creare, e poi annientare.

É stato un inizio promettente quello di The Walking Dead: Dead City. Abbiamo sentito di nuovo i palazzi tramare, il tempo scorrere, l’imprevedibilità annunciarsi. Tutto merito di due personaggi che riescono a funzionare benissimo già singolarmente, ma che in questo spin off si riuniscono per necessità più grandi di loro. Adesso sono insieme, e portano con sé gli strascichi di un dolore che non potrà mai essere perdonato. Per trovare un po’ di giustizia in un mondo in cui l’unica legge che conta è quella del più forte sotto lo sguardo vigile, ma oramai passivo, di una Manhattan che adesso non piange più.

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