Vai al contenuto
Home » Recensioni

The Terminal List: Dark Wolf 1×05 – Pochi ma sempre buoni

Uno sbigottito Ben si prepara alla battaglia nella scena conclusiva di The Terminal List: Dark Wolf

Ogni giorno proviamo a raccontare le serie TV con la stessa cura e passione che ci hanno fatto nascere. Se sei qui, probabilmente condividi la stessa passione anche tu. E se quello che facciamo è diventato parte delle tue giornate, allora Discover è un modo per farci sentire il tuo supporto.

Con il tuo abbonamento ci aiuti a rimanere indipendenti, liberi di scegliere cosa raccontare e come farlo. In cambio ricevi consigli personalizzati e contenuti che trovi solo qui, tutto senza pubblicità e su una sola pagina. Grazie: il tuo supporto fa davvero la differenza.

➡️ Scopri Hall of Series Discover

ATTENZIONE: proseguendo nella lettura potreste incappare in spoiler su The Terminal List: Dark Wolf.

Tanta roba! Proprio come piace a noi!
L’episodio 5 di The Terminal List: Dark Wolf è una puntata che non si limita ad alzare la posta in termini di azione: sposta anche il baricentro morale della serie. Se le prime quattro puntate avevano costruito un terreno di scontro fatto di patriottismo, codici militari e gerarchie dell’intelligence, qui il racconto si concentra su altro. Fiducia, tradimento e i costi psicologici di un mestiere che ti chiede di smarrire ogni certezza sono gli argomenti della puntata. Trattati in maniera violenta, quasi cinica. Questo quinto episodio è un concentrato esplosivo capace di mettere in scena sequenze memorabili e, cosa più importante, di riallineare i personaggi su traiettorie (un po’) meno scontate.

The Terminal List: Dark Wolf, una puntata per pochi intimi

La trama riprende proprio da dove l’avevamo lasciata. Ben Edwards (Taylor Kitsch) si risveglia in un tunnel dopo essere stato colpito alle spalle da Eliza Perash (Rona-Lee Shimon). La puntata intreccia tre linee principali. La prima: la fuga/sopravvivenza di Ben ed Eliza per sfuggire alle squadre della morte iraniane (ce lo dice Eliza, perché parlano farsi). La seconda: la disperata ricerca di risposte di Raife Hastings (Tom Hopper), che tortura un prigioniero apparentemente nemico, recuperato durante la sparatoria. La terza: l’azione solitaria di Tal Varon (Shiraz Tzarfati) in Germania alla ricerca di indizi sulla rete nemica.

La missione che avrebbe dovuto disinnescare la proliferazione nucleare iraniana finisce in un caos di imboscate, bombe e doppi giochi. Eliza sembra tradire la squadra, poi rivela che il Mossad le ha dato una missione personale il cui scopo è quello di indagare sul “Pastore“, la fonte gestita da oltre vent’anni da Haverford.
E, come ogni finale di puntata che si rispetti, quando le cose sembrano essere finalmente incanalate verso un po’ di tranquillità, ecco lo shock. Forte, brutale, da togliere il fiato. Una bomba piazzata su un’auto esplode lasciandoci con l’angoscia che uno dei protagonisti sia morto.

Tradimento e ambiguità: nessuno è pulito

Uno dei risultati più interessanti dell’episodio è la decisione degli sceneggiatori di sfumare definitivamente la distinzione tra amici e nemici. Se nella precedente puntata avevamo avuto qualche sospetto su questo o quel personaggio, in questa siamo oltre. Ormai sappiamo che il Mossad non è un blocco monolitico di giusti come la CIA non è automaticamente la parte dei buoni. Come dire che il peggiore ha la rogna, insomma.
Haverford, assente nell’episodio, aleggia come un fantasma appesantendo lo spirito degli agenti reclutati. Il personaggio appare sempre più avvolto nei suoi segreti, e la figura del “Pastore” (del quale non sappiamo nulla) si profila come una spada capace di spezzare qualsiasi alleanza. Questa incertezza geopolitica è narrativa oro: spinge la serie fuori dall’ovvio e mette il pubblico in condizione di dubitare di tutto. È lo stesso meccanismo che rende credibile la scelta di Eliza di agire come ha fatto. Nell’universo di The Terminal List: Dark Wolf il tradimento diventa spesso un atto funzionale a un disegno più grande, non sempre comprensibile a chi sta sul campo (e viene tradito).

Ben ed Eliza: la fiamma che brucia i nodi

Eliza sembra finalmente serena in The Terminal List: Dark Wolf
Credits: Prime Video

La sottotrama sentimentale tra Ben ed Eliza in questo episodio è al centro della tensione emotiva. Fin dalle battute iniziali il loro rapporto oscilla tra attrazione, sospetto e utilità strategica. Ben, segnato nell’animo e ferito fisicamente, sembra incapace di mantenere la lucidità che ci si aspetterebbe da un operatore del suo calibro. La sua decisione di fidarsi, seppur a fatica, di Eliza dopo che lei gli ha sparato mette in evidenza due cose: la fragilità di Ben e la scrittura che, a volte, piega la psicologia del personaggio in funzione della trama.

Il momento della bomba sulla Mini Cooper è scritto come la tragedia inevitabile che segue il cedimento: la fiducia riposta in Eliza si tramuta in perdita. La sua morte (o quanto meno la sua apparente morte) ha un sapore narrativo doppio. Da una parte punisce il legame improprio nato tra i due. Dall’altra scaraventa Ben ancora più giù nella solitudine e nella rabbia, trasformando il suo dolore in carburante per la resa dei conti futura. Dal punto di vista emotivo, funziona: la ferita è forse narrativamente un po’ grossa, ma è credibile nel contesto di una serie che non ha paura di colpire duro.

Raife Hastings: la tortura e il collasso del codice

Tom Hopper offre in questo episodio una delle sue sequenze migliori. La lenta, ossessiva tortura del corriere che alla fine si rivela un agente dell’intelligence tedesca è una scena che mette in luce il conflitto interiore di Raife. Da una parte il codice dei SEAL, fatto di fratellanza, lealtà, onore. Dall’altra la brutalità della guerra sporca in cui si trova invischiato. Due mondi inconciliabili tra loro. E il fatto che Raife scopra di aver torturato un alleato è il punto di rottura: il senso di colpa che ne deriva scava un solco nella sua identità e rende il personaggio ancora più tridimensionale.

La scena è difficile da guardare, tanto che a inizio puntata un avviso previene lo spettatore. Eppure, in qualche modo necessaria. Perché costringe lo spettatore a confrontarsi con la domanda che sottende tutta la stagione: fino a che punto il fine giustifica i mezzi? Hastings, che all’inizio sembrava la bussola morale del gruppo, qui viene spezzato. La sua crisi è uno dei motori più interessanti della stagione e pone le premesse per sviluppi dolorosi e credibili.

Tal Varon: la nerd con licenza di uccidere

E poi c’è Tal, finora sacrificata al solo un ruolo di supporto tecnico-logistico. La sua scena è la più viscerale e spettacolare dell’episodio. Forse addirittura la più impressionante vista finora su The Terminal List: Dark Wolf. L’infiltrazione nell’appartamento del miniaturista (Ethan Suplee, il fratello di Earl in My Name is Earl), il furto dei dati e il combattimento finale che sfocia in una scena di tortura visiva è una sequenza che ricorda un cinema d’azione spoglio e crudele. Qualcosa tra John Wick e un thriller operativo senza filtri. Tal assume un ruolo inaspettato iniettando nuova linfa nella serie. L’agente del Mossad è violenta, implacabile, brutalmente efficiente. Riesce a dare al suo personaggio e alla storia intera un taglio davvero inaspettato.

The Terminal List: Dark Wolf, cosa funziona e cosa no

L’episodio 5 di The Terminal List: Dark Wolf funziona soprattutto sul piano emotivo. Il tradimento e il conseguente smarrimento alzano la posta, rendendo ogni scelta dei protagonisti più pesante.
Le performance del cast contribuiscono a dare corpo a questa tensione, con Tom Hopper e Rona-Lee Shimon sugli scudi e Taylor Kitsch che regge bene la parte fisica e tormentata di Ben.
Anche la regia è un valore aggiunto: esplosioni, combattimenti e inseguimenti sono ben coreografati. Il montaggio è pulito e regala inquadrature chiare ed efficaci che non si perdono in eccessi da videoclip.

Ma se queste componenti funzionano, non mancano alcune criticità. La fiducia improvvisa di Ben nei confronti di Eliza appare fragile e poco giustificata e rischia di sembrare un escamotage narrativo più che un passaggio credibile. Allo stesso modo, il personaggio di Ben resta ancora privo di un vero approfondimento sul passato, che avrebbe potuto renderlo più tridimensionale. E poi c’è la chiusura con la bomba piazzata sulla Mini Cooper: spettacolare, certo, ma anche piuttosto meccanica, con quell’aria da deus ex machina che tradisce la voglia di far avanzare la trama a ogni costo. L’episodio, insomma, trova un buon equilibrio tra emozione, azione e ambiguità morale, ma inciampa quando sacrifica la coerenza psicologica e la finezza narrativa in favore dell’effetto immediato.

The Terminal List: Dark Wolf, il lupo è solitario nella notte

Ben dopo una delle interminabili battaglie
Credits: Prime Video

Con due episodi rimasti, The Terminal List: Dark Wolf entra in una fase decisiva: lo scontro personale e morale si è alzato, ma restano domande fondamentali che non possono essere ignorate. Chi è il “Pastore”? Haverford ha manipolato la squadra o è solo l’ennesimo burattino? La morte di Eliza è definitiva o servirà a riaprire la partita? E soprattutto, quale direzione prenderà Ben, ora che vendetta e perdita sono diventati l’unico orizzonte possibile?
Interrogativi che tengono lo spettatore agganciato, ma che richiedono risposte meno semplicistiche di un semplice è tutta colpa del cattivo. Perché il rischio di ricorrere a twist spettacolari senza costruzione psicologica è dietro l’angolo.

In questo contesto, questo quinto episodio si impone come il più interessante finora. Nonostante si spari molto è un episodio che scava mostrando come la serie sappia funzionare quando abbraccia l’ambiguità morale e quando bilancia esplosioni e inseguimenti con tensioni interiori. Le tre trame non sono solo colpi di scena: sono segnali di un racconto che non si accontenta di essere un action-thriller ben confezionato, ma che chiede conto del prezzo da pagare. Certo, non tutto fila liscio ma la sostanza resta: questo episodio tiene lo spettatore sospeso, con l’inquietudine tipica delle storie di spie, dove la domanda finale rimane sempre la stessa. Chi sta davvero tirando i fili? Per ora restiamo con Ben, ferito, disilluso, ma ancora deciso ad andare fino in fondo. E se per scoprirlo dovremo metaforicamente imbracciare la pistola o indossare il giubbotto antiproiettile, pazienza: almeno sappiamo che non ci addormenteremo davanti allo schermo.