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Una stagione all’anno, quindici puntate e un netto trionfo agli Emmy dopo tredici candidature: The Pitt era una delle Serie Tv più attese del 2025, e con piena ragione. Numeri alti, una promessa di ritorno alle origini e al vertice di tutto i nomi leggendari di coloro che hanno contributo a rendere grande il genere Medical Drama. Sì, perché The Pitt – tra le sue molte carte vincenti – ha potuto anche contare sullo stesso creatore e produttore di E.R. – Medici in Prima Linea e, per non farsi mancare nulla, perfino uno dei volti storici della Serie Tv anni ’90 Noah Wyle, stavolta nel ruolo di protagonista assoluto e volto simbolo degli Emmy 2025, grazie alla sua vittoria come Miglior Attore Protagonista.
Insomma, le aspettative erano più che giustificate. La critica non aveva lasciato spazio a dubbi: al contrario, aveva accolto The Pitt come la Serie Tv Medical Drama che – dopo anni di esperimenti spesso forzati – finalmente riusciva a restituire spessore e dignità al genere.
E sì, togliamo via ogni dubbio: tutto ciò che ci era stato promesso nei lunghi mesi d’attesa non è stato tradito dalle prime due puntate arrivate su Sky e NOW: The Pitt potrebbe davvero segnare un ritorno deciso al Medical Drama puro, ma non aspettatevi carezze.
I punti di forza di The Pitt risiedono in elementi che sovvertono il passato e insieme lo rievocano. Un mix di dettagli ed espedienti narrativi che si fondono in un unico impatto coeso, dando vita a una Serie Tv che sceglie di posizionarsi esattamente nel punto d’incontro tra ciò che la televisione è stata e ciò che è diventata, trovando così la formula perfetta per questa fase storica.
Le prime due puntate di The Pitt sono incalzanti, intense, visivamente cariche di tensione e disperazione. E aprono già le porte a una riflessione sul futuro della serie. Ma andiamo per gradi

Al Trauma Medical Center di Pittsburgh le ore sembrano minuti. Tutto scorre lentamente, eppure senza tregua. Un paziente si sovrappone a un altro, e i dolori del corpo – spesso – non sono gli unici su cui il personale medico è chiamato a intervenire. Le prime due puntate lo chiariscono subito: in quei letti d’ospedale si nasconde la vita reale. Gente che non può permettersi un’assistenza sanitaria, casi di accanimento terapeutico imposti da famiglie incapaci di accettare il dolore che stanno infliggendo a un padre stanco, ora disteso su un letto dopo più di novant’anni di vita e senza più alcuna voglia di lottare.
Al Trauma Medical Center arrivano anche falsi pazienti, persone che hanno indotto da sole il proprio dolore per ricevere un po’ di aiuto perché disperate, sopraffatte da situazioni più grandi di loro. Come la madre di famiglia che scopre gli orrori scritti nel diario del proprio figlio a danno delle sue compagne di scuola. Ed è proprio questo uno dei primi punti di forza della Serie Tv HBO: tutto si svolge all’interno di un pronto soccorso, ma dentro quelle mura si riflette la complessità del mondo esterno. Atti di disperazione che non sempre hanno a che fare con la malattia, e che affondano le radici in una società fragile, disfunzionale, incapace di proteggere tanto l’individuo quanto le sue istituzioni.
The Pitt mette fin da subito al centro della scena un tema già noto ma ancora attuale al mondo televisivo: ospedali al collasso, senza fondi, medici sottopagati e una domanda sanitaria nettamente superiore alle risorse disponibili. Perché al Trauma Medical Center i pazienti sono troppi per le stanze disponibili, le urgenze sono più dei letti e le persone in sala d’attesa sono più dei medici stessi. Non c’è aiuto, solo una minaccia incombente e costante: chiudere tutto. La solita frase che abbiamo sentito in tanti altri medical drama, e a cui il Dottor Robby non crede più. Sorvola, rassegnato, consapevole che, in questo sistema, la decisione più diffusa è proprio quella di non decidere, lasciando che le cose restino come sono, anche quando stanno crollando.
Ed è proprio lui uno dei punti cardini della Serie Tv HBO. Un protagonista centrale, presente e al tempo stesso mai invadente, che lascia spazio agli altri personaggi, permettendo al pubblico di conoscerli in profondità, ma con parsimonia (ci arriveremo). Il Dottor Michael “Robby” Robinavitch conosce già il dolore: lo sente nelle ossa, ogni giorno. Conosce l’empatia, il rispetto, la dignità. La vita che pulsa in ogni paziente.
Per questo, in un mondo che corre senza tregua, lui si ferma ogni volta che un paziente non ce la fa. Sospende il caos, anche solo per un minuto – che, in un ospedale come il Trauma Medical Center, vale quanto tre – e si prende il tempo per riflettere insieme ai suoi colleghi. Si ribella alla frenesia di un sistema che non concede spazio al pensiero, a cure che non hanno funzionato, a una vita che non è riuscita a stare al passo con la speranza di chi ha provato a salvarla.
Perché non sono solo le storie dei pazienti le vere protagoniste di The Pitt. A raccontarci la vita sono anche i medici, il personale del pronto soccorso: dalla figlia di due luminari del Trauma Medical Center, che cerca di guadagnarsi il proprio posto, fino allo stesso Robby che combatte con il trauma ancora vivo della perdita del suo mentore durante la pandemia.

Le prime due puntate di The Pitt hanno già lasciato intravedere il possibile futuro della serie, già confermata per una seconda stagione e in arrivo a gennaio 2026 negli Stati Uniti. Come sappiamo, un turno coincide con l’intera stagione: ogni episodio racconterà un’ora di vita tra quelle corsie (seppur non in senso canonico: la prima puntata dura poco più di 50 minuti, la seconda 49), immergendoci in un’atmosfera talmente realistica da sembrare più un documentario che una Serie Tv.
Uno degli aspetti fondamentali che queste prime due puntate di The Pitt hanno messo in luce è la totale dedizione al tema centrale: raramente i medici parlano di qualcosa che non riguardi un paziente o la medicina. Gli aspetti personali – almeno finora – rimangono in sottofondo, lasciando spazio alla sostanza della materia. Una scelta narrativa che negli anni si era quasi del tutto persa (e Grey’s Anatomy, questo, lo sa bene). Un approccio, questo, che richiama la struttura di E.R – Medici in Prima Linea: una Serie Tv che aveva deciso di mettere al centro di tutto la medicina attraverso le storie corali dei medici e dei pazienti, senza mai attribuire a nessuno un vero ruolo da protagonista assoluta per evitare di ingabbiarsi all’interno della vita personale dei personaggi. The Pitt ricorda vagamente questa volontà, ma la adatta a un nuovo contesto seriale.
Perché, come dicevamo, la nuova Serie Tv HBO sembra voler riprendere la grande tradizione del passato con l’obiettivo però di rinnovarla tacitamente, trovando un equilibrio raffinato. La coralità viene dunque riproposta ma con un focus più ravvicinato su Robby, la medicina torna a essere il motore narrativo – certo – ricordandosi però di non mettere da parte totalmente la dimensione psicologica (un aspetto centrale della serialità degli ultimi anni) dei protagonisti, che viene qui esplorata nel loro rapporto con la professione: divisi tra il rispetto per la vita e la necessità di lasciarla ammassata su delle sedie d’attesa per mancanza di spazio. Una struttura, questa, fatta di compromessi e accordi narrativi che permettono a The Pitt di intrecciare il vecchio con il nuovo.
Per come The Pitt si è presentata in queste prime due puntate, e considerando il rinnovo già annunciato, possiamo affermare che il suo futuro potrebbe rappresentare un ritorno alle origini del medical drama. Resta da capire come la Serie Tv intenderà intrecciare la trama orizzontale con quella verticale, ma se riuscirà – e le premesse lo rendono plausibile – a trovare la chiave giusta, potrebbe affermarsi come il medical drama di riferimento della nuova scena televisiva. The Pitt ha infatti un potenziale narrativo capace di sostenersi nel tempo, grazie a storie sempre diverse – basti pensare che in sole due puntate abbiamo già incontrato almeno dieci pazienti – e a una struttura che abbraccia consapevolmente un altro ritorno al passato: la distribuzione settimanale.
Guardare una Serie Tv così realistica, frenetica e per certi versi brutale in modalità binge-watching, infatti, non farebbe altro che indebolirne l’impatto emotivo, compromettendo l’autenticità dell’esperienza. The Pitt sembra averlo capito fin da subito, muovendosi in equilibrio tra passato e presente. Un’eredità che si fonde con la realtà contemporanea: meno drammi patinati, più racconto crudo – senza anestesia – di ciò che accade dentro e fuori l’ospedale. Oggi non sembra esserci più spazio per 23 episodi a stagione, come accadeva nei tempi d’oro, ma c’è ancora il bisogno di guardare indietro per riscrivere una nuova grande storia. Una storia che sembra aver trovato davvero il compromesso più adeguato per la nuova scena televisiva.
The Pitt è arrivata solo poche ore fa in Italia e con appena due episodi, eppure a volte ne bastano pochi per riconoscere le fondamenta di una possibile grande Serie Tv. E noi siamo pronti per questo: per vedere The Pitt consacrarsi come auspichiamo, trovando nel passato la chiave giusta per scrivere una nuova pagina di storia. D’altronde, a volte, per cambiare tutto basta tornare indietro.







