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The Last Frontier 1×07 – La Recensione dell’episodio più significativo della stagione

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Con il settimo episodio, The Last Frontier arriva finalmente a quel punto della stagione in cui le risposte non possono più essere rimandate (potete guardarlo su Apple TV). È l’episodio che spalanca le porte sul misterioso passato di Frank, smonta alcune certezze e ne ricostruisce altre, dà un’accelerata alla cattura di Havlock e rimescola il ruolo di Sydney in modo drastico. Eppure, come accaduto più volte nel corso della serie, ci si ritrova davanti a un paradosso: ciò che succede è importante, decisivo, ricco di potenziale…ma quasi mai raccontato con il respiro, il coraggio e la concretezza che meriterebbe. È la sensazione più ricorrente guardando The Last Frontier: che si muova sempre in uno spazio di mezzo, dove ciò che accade è grande, ma il modo in cui viene messo in scena è minore.

Ed è proprio questo settimo episodio, pur essendo il più rivelatore fino ad ora, a dimostrare quanto la serie avrebbe potuto fare molto, molto di più.

Il momento più atteso dell’intera stagione è la verità sulla morte di Ruby, la figlia di Frank. Un trauma che aleggia da sette episodi e che finalmente riceve un volto, una dinamica e una causa. La ricostruzione funziona narrativamente: la sparatoria è improvvisa, brutale, figlia di una vendetta cieca; Frank è colpito duramente, Ruby perde la vita per un proiettile vagante. Tutto nasce da un errore etico del protagonista, dalla scelta di nascondere la vera del delitto per incastrare un sospettato che riteneva comunque pericoloso. Una tragedia perfetta: un uomo che devia dalla retta via per un presunto bene superiore, e che paga con il sangue della propria figlia. E tuttavia, The Last Frontier riesce a dare a questo momento un peso solo concettuale, non emotivo.

La scena è costruita con un’estetica patinata, quasi artificiale, mai veramente sporca o disturbante. Manca quell’elemento di realtà che dovrebbe devastare lo spettatore. Non c’è odore di tragedia, non c’è disordine. Il risultato è un passato doloroso raccontato come un aneddoto, non come una ferita viva. Il difetto più grande dell’episodio – e della serie in generale – è però un altro: il dualismo mal gestito di Frank. Sulla carta, Frank è combattuto tra lavoro e famiglia, tra colpa e desiderio di redenzione, tra senso del dovere e bisogno di proteggere i suoi cari. È un personaggio che dovrebbe vivere sulla linea di faglia tra questi due mondi, pagando ogni scelta, portando addosso ogni conseguenza. Ma The Last Frontier non riesce mai davvero a farlo diventare un personaggio unico.

Al contrario, sembra di guardare due Frank diversi.

Parallelamente alla storyline di Frank, questo settimo episodio mette in scena uno dei colpi di scena più importanti finora: la scoperta che Sydney e Vincent Thiago si conoscono da sempre, che le loro vite sono intrecciate da ben prima che gli eventi della serie e che Sydney ha mentito praticamente su tutto. Non solo: forse è la vera mente dietro gli eventi iniziali, forse la vera minaccia, forse la vera orchestratrice dell’intero caos. È un twist potenzialmente grandioso, ma arriva in un contesto che non lo sostiene. Sydney è stata presentata per tutta la stagione come un bugiarda seriale, sì, ma anche come una figura complessa, traumatizzata, capace di empatia e vulnerabilità. Una sopravvissuta, più che una manipolatrice di alto livello. Il problema è che la serie non ha mai seminato dubbi più profondi, non ha mai mostrato crepe strutturali, non ha mai suggerito che potesse avere un ruolo così centrale e oscuro.

Questo colpo di scena non sorprende, perché non riesce a ribaltare la percezione dello spettatore.

Il filone che porta alla cattura di Havlock è probabilmente il più lineare dell’episodio. La scoperta della cimice addosso a Vincent Thiago spinge l’indagine avanti e permette agli agenti di arrivare finalmente al grande antagonista. Funziona, ed è ben costruito. Questo episodio rappresenta un microcosmo perfetto di cosa sia The Last Frontier: una serie con idee fortissime, momenti potenzialmente devastanti, personaggi dalle ossa solide. Ma raccontati con una delicatezza che sfocia spesso nell’inespressività. La tragedia di Frank poteva essere più autentica e il suo conflitto familiare poteva essere più reale. Inoltre, la sua doppia identità – uomo e sceriffo – poteva intrecciarsi invece di frammentarsi. La rivelazione su Sydney poteva essere grandiosa, se solo fosse stata preparata. Havlock poteva essere una minaccia più palpabile, e Thiago un asso nella manica più interessante. The Last Frontier è una serie che ha tutto per colpire, ferire, sorprendere. Ma sembra sempre frenarsi un attimo prima.

Questo settimo episodio è senza dubbio il più significativo fino ad ora. Fa avanzare la trama, ricostruisce il passato, apre crepe nuove nei personaggi. E, soprattutto, prepara un finale carico di possibilità. Ma allo stesso tempo è anche l’episodio che rende più evidenti i limiti della serie. Una scrittura che non osa affondare e una costruzione emotiva che rimane sempre a metà. Il finale di stagione avrà il compito più difficile: dimostrare che tutto questo potenziale, finora solo sfiorato, può finalmente esplodere. Se lo farà, lo capiremo molto presto. Ma per ora, resta la sensazione che The Last Frontier non abbia ancora raggiunto l’altezza delle sue ambizioni, pur avendole chiaramente e dolorosamente sotto mano.