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Mayor of Kingstown 4×04 – Non è poliziotto, non è criminale, non è niente

Robert, Ian e Mike sono alla resa dei conti in Mayor of Kingstown 4

ATTENZIONE: il seguente articolo potrebbe contenere spoiler su Mayor of Kingstown 4.

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Mostrami una cosa che tocchi che non si trasformi in una m***a assoluta”. Non è un insulto, è una diagnosi. È la verità che Kingstown ha sempre sussurrato e che ora, nell’episodio 4 della quarta stagione, grida. Con la voce, inaspettata, di Robert Sawyer.
Sins of Omission non è un episodio che esplode, al contrario del precedente. È un episodio che si ferma. Dopo tre puntate di fuoco, lanciafiamme e corpi fatti a pezzi, la quarta stagione di Mayor of Kingstown 4 rallenta il passo. Non per indebolirsi ma per respirare. È come un treno lunghissimo che ha spento il motore molto prima, affidandosi all’inerzia, e ora finalmente si ferma in stazione. Non perché il viaggio sia finito ma perché è arrivato il momento di guardare chi è ancora a bordo e chi è sceso senza farsi notare.

E in questa pausa forzata, tutto diventa più chiaro. Soprattutto una verità scomoda, che la serie ci ha sussurrato fin dall’inizio ma che ora grida a piena voce: Mike McLusky non è il sindaco di Kingstown. È solo un uomo che corre da un incendio all’altro, senza mai avere abbastanza acqua per spegnerli. La sua vita trascorsa in macchina, da un personaggio all’altro, non è un dettaglio stilistico: è una metafora. Mike non pianifica. Non previene. Reagisce. E in un mondo dove il potere si costruisce in anticipo, questa è una condanna. La sua.

Mayor of Kingstown 4: il rattoppatore senza regno

Jeremy Renner interpreta Mike con una stanchezza che non è recitata ma incarnata. L’episodio si apre con un raro momento di calma, Mike che si sveglia accanto a Cindy Stephens, ma è un’illusione fragile. Subito dopo, la chiamata di Ian lo strappa a qualsiasi parvenza di normalità. Mike non governa più Kingstown: reagisce. Passa la sua vita in auto perché non ha un luogo fisso da cui agire. Non ha un ufficio che conti qualcosa, non ha alleanze solide, non ha più neppure la pretesa di fare la cosa giusta. Ha solo il peso delle omissioni: ciò che non ha fatto, non ha detto, non ha fermato.

Due scene lo definiscono con crudezza chirurgica. La prima è l’incontro con Robert Sawyer, che lo smonta con una frase semplice e devastante: “Non sei un poliziotto, non sei un criminale e di sicuro non sei il fo****o sindaco”. In poche parole, Robert gli ricorda che la sua ambiguità, da sempre il suo strumento di potere, ora lo rende inutile a tutti. La seconda è il dialogo con Bunny, che gli racconta di voler lasciare Kingstown, di voler costruire qualcosa di diverso. Mike non lo ascolta. Gli attribuisce la voce di Frank Moses, perché non è in grado di sopportare che qualcun altro abbia un sogno mentre lui è condannato a rattoppare un sistema marcio.

Ian: il traditore che non voleva tradire

Stevie, Mike e Ian osservano il disastroso intervento di Frank Moses
Credits: Paramount+

In Mayor of Kingstown 4 Ian Ferguson non è mai stato un santo. È un poliziotto disilluso, un amico leale fino, un uomo che ha sempre agito per proteggere il sistema nel quale, ha un suo ruolo, ben definito. Ma il suo gesto, far cadere un mattone sull’auto di Evelyn, non è solo un atto di disperazione. È un errore di valutazione umana. Ian pensa di poterla spaventare, di farla tornare sui suoi passi. Ma Evelyn non si spaventa. E Mike, se fosse stato avvertito, avrebbe forse trovato un modo per mediare, per evitare lo scontro frontale. Perché Mike, per quanto inadeguato, non abbandona mai nessuno.

Il vero dramma non è che Ian abbia agito alle spalle di Mike, ma che abbia smesso di fidarsi di lui. È il primo crepaccio nella cerchia degli alleati, e il più pericoloso. La sua confessione a Stevie, “non volevo ucciderla, solo spaventarla“, rivela un uomo disperato, consapevole che Evelyn ha un testimone che potrebbe incastrarlo per aver usato un serial killer per eliminare una fonte. Ma in una città come Kingstown la disperazione non è un’attenuante: è un biglietto di sola andata per la tomba.

Evelyn: tra due mondi

Evelyn è sempre stata sospesa tra due scarpe. Da un lato, la legge che rappresenta; dall’altro, il sistema corrotto di Kingstown, di cui Mike è l’asse portante. Per anni ha chiuso un occhio. Ora, dopo la questione del ponte, ha scelto. Non per vendetta e nemmeno per principio. Ma perché ha le mani legate. E più di tanto non può fare. Anche se questo l’ha messa contro Mike.
Adesso, però, ha un testimone che inchioda Ian e questo è come avere la verità in mano. Sa che se non la porta alla luce, nessun altro lo farà. Quello che ancora non è chiaro è se cambierà idea per ristabilire il rapporto con Mike oppure no.

Perché il suo destino non dipende da lei. Dipende da Mike, che sa tutto di Ian, e da Ian, che non ha più nulla da perdere. Necar Zadegan interpreta Evelyn con una determinazione silenziosa ma ferrea: non è più disposta ad aspettare. La sua relazione con Mike era tossica, basata su favori scambiati e complicità ambigue. Ora vuole qualcosa di più semplice: giustizia. E in una città dove la giustizia è un lusso, questo la rende l’unica vera idealista rimasta.

Hobbs: il mistero che cammina

Nina Hobbs, interpretata con glaciale eleganza da Edie Falco, emerge in Mayor of Kingstown 4 sempre di più come la vera mente dietro il nuovo ordine. Non sappiamo ancora se sia un’idealista travolta dal sistema, una manipolatrice che gioca una partita più grande, o semplicemente una sopravvissuta che cerca di non annegare. Ma la sua ambiguità è voluta. E necessaria. E per questo affascinante.

Durante un colloquio con Merle Callahan, Hobbs lo definisce “l’uomo magico” per la sua capacità di restare in isolamento pur risultando registrato in infermeria. Quando Callahan le chiede cosa voglia in cambio per lasciare le cose come sono, lei risponde con una frase enigmatica su un ipotetico amico comune, quasi certamente riferito a Mike.

Hobbs sta tessendo la sua tela e il suo gioco si fa visibile dopo l’attacco di Raph a Roberto Cruz nel cortile di Anchor Bay. Nonostante la rissa coinvolga entrambe le fazioni, Hobbs ordina perquisizioni solo ai Crips, lasciando intatti i colombiani. È un messaggio chiaro, calcolato, rivolto sia all’interno della prigione che all’esterno: il potere ha cambiato bandiera. Non è corruzione nel senso classico ma un controllo strategico, silenzioso, implacabile. Hobbs non urla, non minaccia, non stringe accordi. Esclude. E Mike non sa come combattere un nemico che non combatte ma che ridefinisce le regole secondo le sue necessità.

Frank Moses: il mostro con il completo

Frank Moses non è un barbaro. È un imprenditore della violenza. Quando parla con Mike, è educato, misurato, quasi rispettoso. Quando parla con Bunny, gli offre non solo protezione ma una visione del futuro: proprietà, legittimità, stabilità. Ma sotto la facciata ripulita, resta un mostro. Come in quella scena indimenticabile di Gomorra, dove Imma mostra a Genny i palazzi dei Savastano a Milano, i cattivi non smettono di essere cattivi solo perché vestono un completo.

Moses vuole pace, certo ma una pace che lui controlla. E questo lo rende più pericoloso di Milo o Konstantin. Bunny ne è affascinato, perché Frank gli offre un’uscita che sembra reale. Ma è proprio questa illusione di legittimità a renderlo pericoloso. Mike lo vede, ma non riesce a fermarlo. Perché in fondo, Bunny rappresenta ciò che Mike non è mai stato: un uomo con un piano.

Kyle e Callahan: l’arte della tentazione

Merle e Hobbs, ciascuno dentro la sua prigione, discutono di amici in comune su Mayor of Kingstown 4
Credits: Paramount+

La relazione tra Kyle e Callahan, centrale in questo episodio di Mayor of Kingstown 4, merita ogni minuto di schermo che le viene dato. E ne vorremmo di più. Callahan non minaccia. Non ricatta. Offre. Una pillola per il dolore, uno specchio per vedersi meglio, una filosofia per sopravvivere: “sentirsi intorpidito è l’unica via”. E Kyle, isolato e impotente non può fare altro che restare in ascolto. Per la sua sopravvivenza, più mentale che fisica

Ma Kyle non è Mike. Non ha ceduto quando era giovane, non ha bisogno di appartenere a una banda per sentirsi al sicuro. È più istintivo, forse meno razionale, ma più forte. Cederà? Forse sì, forse no. Ma il dubbio è la vera arma di Callahan. E il fatto che Hobbs abbia infranto la promessa di tenerli separati non è un errore: è una dichiarazione di guerra a Mike.

Mayor of Kingstown 4: pronti per ripartire

Sins of Omission non è un episodio d’azione. È un episodio di conseguenze. Ogni scelta fatta finora, da Mike, da Ian, da Evelyn, da Hobbs, si trasforma in una trappola. Eppure, nonostante il senso di collasso, Mayor of Kingstown 4 non perde mai il controllo. Anzi, cresce. Si approfondisce. Diventa più intelligente. Ogni personaggio è messo alla prova non con colpi di scena ma con scelte morali quotidiane. Una pillola, un mattone, uno specchio, una promessa spezzata.

E mentre la città si prepara a uno scontro che nessuno può evitare, lo spettatore non prova solo angoscia ma un’attesa febbrile. Perché sa che, per quanto male possa finire non potrà smettere di guardare. Anzi: vuole di più. Vuole vedere se Mike troverà un modo per rimanere a galla, se Evelyn riuscirà a non annegare nella sua stessa determinazione, se Kyle resisterà alla dolce voce di Callahan.

E soprattutto: vuole sapere chi pagherà il prezzo delle omissioni di oggi. Perché a Kingstown i debiti non si dimenticano. Si saldano. Con il sangue, chiaramente.
Sotto con un altro capitolo, per favore.