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Ciò che più apprezziamo di Steven Knight è la sua perseveranza nel proporre un modello autentico, ormai sempre più riconoscibile. Se si pensa al Regno Unito in tv tra Ottocento e Novecento, periodo di grandi cambiamenti sociali e politici, Steven Knight la fa da padrone. Dopo il successo di Peaky Blinders l’autore britannico ha continuato a sperimentare e a raccontare un’Inghilterra – e in questa caso l’Irlanda – cupa ma incredibilmente viva. Senza mai rinunciare a una certa ricercatezza storica e a uno stile del tutto postmoderno sia nel racconto che negli elementi da contorno come scenografia e colonna sonora. House of Guinness (che trovate qui) è un’altra piccola perla che va ad arricchire non soltanto il catalogo di Netflix ma anche il portfolio di uno degli autori più influenti di questa epoca. La nostra recensione.
Dopo la fine di Peaky Blinders, Steven Knight ha continuato a proporre il suo stile senza rinunciare a una precisa ricerca storica
Dopo A Thousand Blows – di cui vi abbiamo parlato qui – Steven Knight è tornato protagonista con un nuovo period drama, questa volta a tinte irish. Quello dell’autore britannico è ormai uno stile sempre più definito. Dopo il successo planetario di Peaky Blinders e l’enorme potenziale sprecato di Taboo (e che peccato), il 2025 è l’anno di una nuova rinascita per Knight. House of Guinness è un interessante period drama in cui torna a essere protagonista una famiglia disfunzionale alle prese con intrighi politici e tumulti sociali. Ma a differenza degli Shelby, quella dei Guinness è una famiglia di aristocratici libertini. Famiglia che si ritrova a dover portare avanti un impero dopo la morte di Benjamin Guinness, patron della leggendaria birra irlandese. La Dublino di House of Guinness, a primo impatto, ci riporta subito in quella Birmingham di fuoco e acciaio. Quella Birmingham che avevamo imparato ad amare nonostante fosse estremamente ostile.
In generale quell’alone di oscurità e cupezza permea anche in questa creatura di Steven Knight, così come la Londra vittoriana di A Thousand Blows. Ma la Dublino di metà Ottocento è ruspante come la colonna sonora postmoderna della serie, e viva come i suoi protagonisti. Viva più che mai. La morte del signor Guinness accende i riflettori su quattro fratelli (anche questo ci ricorda qualcosa) molto diversi tra loro, tutti alle prese con problemi di varia natura. Arthur, il primogenito maschio, non è intenzionato a rinunciare alla propria libertà sessuale nonostante debba mantenere un’apparenza bigotta per via del suo ruolo sociale. Benjamin combatte con le dipendenze e una vita infelice, così come sua sorella Anna Lee, costretta a sposare un uomo che non ha mai amato. Edward, invece, è il più rivoluzionario dei quattro, la vera mente dietro le mire espansionistiche dell’impero Guinness.
Un period drama corale e ben strutturato con al centro i problemi di una famiglia disfunzionale dell’alta aristocrazia irlandese
Il soggetto è simile, così come l’approccio, ma i fratelli Guinness e i fratelli Shelby sono decisamente agli antipodi. I proprietari dell’impero della birra sono nati nell’agio e non hanno mai dovuto combattere per trovare uno spazio nel mondo, quanto più per la propria indipendenza. House of Guinness, nelle singolarità dei suoi protagonisti, è proprio un racconto sulla libertà. La libertà di amare, di esplorare e di rischiare. Quella che Steven Knight approfondisce in House of Guinness è la storia di un’Irlanda sull’orlo della rivoluzione. Da una parte i conservatori legati alla Corona, dall’altra i feniani rivoluzionari che mirano all’indipendenza. L’impero della birra stout più nota al mondo fa da sfondo, tra le altre cose, anche all’espansione verso l’America. Quegli Stati Uniti che profumano di libertà e ricchezza, gli stessi che anche Thomas Shelby tentò, a suo tempo, di conquistare.
I fratelli Guinness, che non provengono esattamente dai bassifondi, sono ben consci di come funzioni il mondo in cui vivono, molto più del defunto padre. Il racconto si sviluppa attorno alla volontà di Arthur e Edward di portare gli affari di famiglia oltre oceano. Nel bel mezzo di un passaggio cruciale per la storia dell’Irlanda. La famiglia Guinness gode della stima della classe operaia e dei conservatori. Ma i feniani, quella parte del popolo pronta a insorgere, minaccia lo status quo della famiglia, da sempre figura centrale nella politica del Paese. House of Guinness, in questo senso, fa molto di più che raccontare il ritratto di una famiglia disfunzionale. Steven Knight non è nuovo al racconto dell’evoluzione politica della società tra Ottocento e Novecento. E, anche in questo caso, il suo modus operandi non è cambiato.
House of Guinness parte da un ambiente familiare, racconta le sfaccettature dei singoli per poi spostarsi sul dipinto di un intero Paese
I protagonisti della serie sono ben caratterizzati e, nonostante questa prima stagione di sia concentrata principalmente sulle figure di Edward e Arthur, ha messo le basi per un continuo interessante. La coralità del cast è sicuramente uno dei punti di forza di House of Guinness, così come la forza dei suoi personaggi femminili. Anne, Lady Olivia e Ellen Cochrane offrono tre personalità completamente diverse che regalano una visione a 360° della complessità del ruolo femminile di quel periodo. Tra gli altri, ritroviamo con piacere anche Jack Gleeson nei panni del pittoresco Byron. L’attore noto per aver interpretato il mefistofelico Joffrey Baratheon in Game of Thrones torna sul piccolo schermo interpretando uno dei personaggi più curiosi della serie, che sarà senz’altro protagonista nella prossima stagione. Il cast è forte, giovane e del tutto convincente: le basi per un progetto duraturo e in crescendo sono ben salde.
La trama è arricchita da momenti di rottura totale scanditi da una colonna sonora potente, spiazzante e dalla sagacia dei dialoghi. Un punto in comune con Peaky Blinders lo si nota anche nello sviluppo della trama, che si prende il suo tempo senza forzare troppo l’attenzione dello spettatore. Inoltre, anche l’incipit e il finale ricordano molto la primissima stagione del capolavoro di Knight. Una auto citazione gradita, tante analogie interessanti che, in ogni caso, non rendono House of Guinness la “copia mal riuscita” o l’”imitazione di”, quanto più un nuovo interessante capitolo della carriera di uno degli autori più importanti della serialità moderna. Sempre per omaggiare la passione di Thomas Shelby: “cavallo buono si vede a lunga corsa”, e la partenza di House of Guinness è sicuramente notevole.









