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Quarry: il “nomen omen” di un assassino

Quarry è un nome e un luogo insieme. Dall’essere la parola americana che designa una lucente cava di pietra, passa a diventare il “soprannome” di un uomo, che proprio in una cava di pietra cambierà radicalmente la sua vita e che con quell’ammasso bianco di rocce e quel termine avrà in comune ben più di sei lettere dell’alfabeto. 

Quarry, infatti, non indica solo una “cava”: vuol dire anche “preda” e in quel caleidoscopio semantico che raramente è così brillante come nelle lingue anglosassoni, anche “inseguire”: preda e predatore allo stesso tempo. Se esiste un titolo capace di regalarci da solo una trama e un protagonista, beh, questo lo è, e andando avanti vi sembrerà tutto più chiaro.

Partiamo con qualche dettaglio che aiuterà gli addicted ad avere le coordinate di questa miniserie di 8 episodi da circa un’ora l’uno (il primo e l’ultimo più lunghi degli altri). È una produzione originale Cinemax (gli stessi di The Knick, gioiellino mai troppo lodato), passata in Italia grazie a Sky Atlantic. Dietro la Serie Tv (con alla base l’omonimo libro scritto da Max Alan Collins), come autori, Michael D. Fuller e Graham Gordy, già responsabili di Rectify, con cui Quarry ha molto a che spartire soprattutto riguardo atmosfera, espressioni e piccoli particolari. Alla regia, infine,  Greg Yaitanes (già regista di Banshee e di alcuni episodi di Dr. House). Ecco, mettiamola così: se avete adorato Banshee, non potete lasciarvela scappare.

Ma veniamo alla trama: siamo nel 1972 e il sergente dei Marine Mac Conway, (il protagonista assoluto della Serie) con il suo collega e amico, l’ufficiale Arthur Solomon, torna in patria, a Memphis, nel Tennesse, dopo un anno di guerra in Vietnam. Il ritorno non è quello che si aspettano: oltre alle loro mogli che li aspettano a braccia aperte (del resto “la scopata del ritorno è come un’eclissi di luna, unica nel suo genere”), c’è un’intera città pronta ad assalirli e condannarli.

Mac e Arthur, infatti, sembrano essersi macchiati di una grave colpa militare mentre erano in Vietnam (e non ne sapremo di più per molte puntate): questo li porta ad essere nel mirino di una città in cui monta fervida la contestazione anti-militarista; se Mac è “solo” un criminale, poi, peggio va ad Arthur che si macchia di un’altra grave “colpa”, quella di essere un nero in una città che sembra non aver mai dismesso gli odi razziali, stavolta però celebrati da entrambe le parti.

Risultato: nè Mac nè Arthur riescono a reinserirsi in quella che teoricamente dovrebbe essere casa loro, anche nelle azioni basilari, come provare a trovare un lavoro dopo un anno in guerra. Ricevono numerose porte in faccia finchè qualcuno non gli offre un’opportunità: si tratta del Broker, a capo di un’agenzia che svolge omicidi su commissione, e crede che loro siano dei sicari perfetti.

Soldi, tanti soldi, per fare ciò che in guerra non avevano mai smesso di fare, uccidere; di contro, accettare il rischio di vivere per sempre nell’illegalità. La scelta di Arthur e quella di Mac “Quarry” Conway cambieranno le loro vite per sempre.

Quarry sembra proprio una Serie fatta per piacere, soprattutto a chi ama i ritmi compassati e perdersi nei dettagli delle ambientazioni, magari provando a tornare indietro con la memoria a un’epoca vissuta direttamente o solo attraverso le cronache dei giornali. Siamo nel sud degli Stati Uniti, nel 1972: potrebbe sembrare una ripetizione, ma Quarry non smette mai di ricordarcelo, non solo in tutto ciò che serve per esigenze di trama, ma anche nelle piccole cose, nei locali fumosi e raffinati, nelle spillette per le elezioni in corso, nei programmi della Tv, negli eventi dell’anno (meraviglioso il cinismo del protagonista sulla strage delle Olimpiadi di Monaco di Baviera), nelle auto, nei vestiti, ma soprattutto nella musica. 

Difficile aspettarsi diversamente da una Serie che ha come nome del suo pilot il titolo di un pezzo di Otis Redding, ma non passa puntata in cui non solo non sia direttamente citato (sempre in positivo) un musicista dell’epoca, ma soprattutto non ci sia un’esibizione live oltre a una colonna sonora che presa tutta insieme farebbe la felicità degli amanti di diversi generi musicali, come mostrato anche da Youtube.

Del resto, da un certo punto di vista, è proprio la prima indagine impropria di Mac, la ricerca di un disco di Otis Redding che sembra sparito da casa sua, a dare avvio a tutta la storia personale del protagonista. Gli anni ’70, inoltre, sono ripresi da una fotografia splendida, e un uso delle luci davvero sopraffino, per rendere a volte degli interni molto scuri, dove a fare calore più delle luci ci pensano suoni, colori, e tanta musica.

Sul lato dei personaggi, Quarry prova a riscrivere il concetto di classico e tradizione, a partire dal protagonista (interpretato da Logan Marshall-Green, già visto in 24), che adesso vi mostriamo di nuovo.

Vi ricorda qualcuno? Nessuno nessuno? Facciamo così: se avete già capito, andate avanti, altrimenti, trovate la soluzione qui. In questa Serie Tv possiamo vedere, oltre appunto all’identità del protagonista, moltissimi spunti già affrontati in capolavori degli ultimi anni, da Breaking Bad a, appunto, True Detective, a Bloodline, mescolati in maniera sapiente per creare una storia dal ritmo compassato ma dalla quale è impossibile staccarsi.

Merito non solo di una trama che, da un certo punto di vista, assomiglia a un videogioco, in cui Quarry deve raggiungere degli obiettivi per vincere la sua partita e ottenere il suo premio (e, in fondo, la fine della storia), ma anche di un gruppo di cattivi (a partire proprio dal Broker, interpretato da un Peter Mullan clamoroso) che mostra quanto la linea tra bene e male sia sottilissima. Il personaggio più intrigante tra loro, Buddy, (adorato dai fan di Quarry), vive un’altra delle tensioni di quegli anni, quella contro gli omosessuali, se possibile ancora più strisciante e latente di quella contro i neri perchè espressa non solo in un distacco pieno di disprezzo ma soprattutto in battutine di quart’ordine (“ti ho fatto un regalo, una pistola rosa, credevo ti piacesse”) che rendono fin troppo bene il pensiero di quegli anni.

Come dice il Broker a Mac, per convincerlo a diventare un sicario: tu non stai uccidendo una persona, stai facendo un favore al mondo, dato che i suoi obiettivi si sono resi responsabili di gravi crimini (alcuni legati tra l’altro alle lotte di quegli anni).

Broker e Quarry

Il Broker (nella foto insieme a Quarry) sa tutto, e, pur agendo per fini esclusivamente personali, finisce spesso per punire, attraverso la sua banda, più i colpevoli che gli innocenti, diventando quasi il capo di una banda di giustizieri, a cui Mac sarà legato da un rapporto ambivalente, che gli lacera l’anima non diversamente da quello che potrebbe essere un Walter White: lo stupore della facilità con cui si arriva alla dannazione cerca di essere contrastato da un’etica imposta e autoimposta allo stesso tempo. In sintesi: voglio essere buono, ma perchè mi sento vivo e pienamente realizzato solo se sono il cattivo?

Ed è questa la domanda che si fa Quarry, che già dal pilot si trova a lottare contro i tre nemici che lo insidieranno per tutta la Serie: il suo passato (cos’è successo davvero in Vietnam? E cos’è quella maschera che appare sempre a Mac nell’acqua della piscina?), il suo presente (e in particolare il rapporto con la moglie Joni, interpretata da Jodi Balfour), e il suo futuro, che oscilla tra una disonestà forzata e uno scivolamento impercettibile ma incessante verso il lato oscuro del proprio essere. Un pilot che assolve perfettamente la sua funzione: presentarci i personaggi e dare l’avvio a tutte le storie, la principale e le secondarie.

E che ci regala una delle più belle scene della Serie, cartina di tornasole dei vostri gusti. Se vi piace ciò che state per vedere (con sottotitoli in inglese) correte a recuperare Quarry e… buona visione!

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