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Lo straordinario lavoro svolto sui personaggi di Mare fuori

Una delle carte vincenti della serie Rai che ha presto conquistato anche il palinsesto di Netflix, è sicuramente l’eccezionale lavoro svolto sulla caratterizzazione dei suoi personaggi. Mare fuori può vantare un cast corale davvero sorprendente, e il fatto che questo venga presentato al pubblico un po’ alla volta, è sicuramente un’arma in più nell’economia della narrazione. Selezionare i personaggi più incisivi di Mare fuori è davvero un peccato, perché si potrebbe analizzare davvero affondo ogni interprete di questa serie, per via della vastità di tematiche toccate. Ci limiteremo dunque a parlare di quelli che ci hanno colpito di più, per caratterizzazione ed importanza ai fini della trama.

Mare fuori: due protagonisti tipici ma necessari

mare fuori
Mare fuori

Filippo e Carmine sono, per ovvi motivi, l’emblema della serie. La bella e la bestia, il ricco e il povero, due anime provenienti da due realtà che sembrano essere una alla parte opposta del mondo rispetto all’altra, ma che invece, alla fine, non sono poi così distanti. Filippo e Carmine apprendono l’uno dall’altro, come nel più classico dei casi analoghi a questo. Il legame che c’è tra di loro, seppur pieno di alti e bassi, non esce mai fuori strada, resta ben saldo anche quando tra i due si alza un muro di silenzi e disperazione, per via della morte di Nina. L’evoluzione del personaggio di Filippo parrebbe quasi scontata, si tratta del classico ragazzo di buona famiglia che, non appena entra in contatto con una realtà cruda come quella dell’IPM, finisce per restare schiacciato dal cameratismo del caso, per poi far prevalere l’istinto di sopravvivenza e tutto il suo buon senso, aspetto che lo differenzia dagli altri personaggi. Carmine è invece la pecora nera (di nome e di fatto) della sua famiglia. Il principe sporco che vuole uscire dal fango, che la violenza ce l’ha sempre avuta in casa, ma non tanto tra le mura, quanto più al di fuori, nei confronti dei più deboli. La voce fuori dal coro di un sistema sanguinario che grazie al suo ruolo perde parecchia importanza, perché in fin dei conti ci si rende conto che tutti quelli che appartengono al sistema, in Mare fuori, non sono mossi da alcuna forza superiore, è tutto in pasto al contesto, e anche in questo caso ognuno può scegliere da che parte stare. Nonostante la vendetta rischi di farlo cadere nella trappola della camorra, e nonostante le pressioni della famiglia, Carmine, da quella pozza di fango, ne esce indossando un vestito bianco, immacolato.

Nad e Pino: questione di sguardi

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Naditza sprizza euforia da tutti i pori. Ha un carattere dirompente in grado di ammaliare il pubblico, è un po’ la one woman show capace di catalizzare l’attenzione su di lei come pochi altri personaggi. Lo sguardo del personaggio interpretato da Valentina Romani è una finestra sul mondo difficile, diverso, che la tiene prigioniera. Ma allo stesso modo si legge una rabbia positiva e contagiosa, la voglia di evadere da quella prigione disumana. E’ il personaggio genuino e elettrizzante che serve per smorzare il clima drammatico, portando sempre un sorriso. La storia con Filippo mostra anche il suo lato debole, quella sana ingenuità di una ragazza che si innamora per la prima volta conoscendo cose e, soprattutto, emozioni del tutto nuove. E per restare in tema di sguardi, quello glaciale di Pino è il suo marchio di fabbrica. Anche qua si leggono emozioni contrastanti, da una parte la violenza, figlia dell’ignoranza e del costante bisogno di affetto, di approvazione e sostegno. Dall’altra, la bontà d’animo nascosta, grezza, e la fedeltà di un soldato, la rabbia da sfogare. Pino non ha paura di niente e di nessuno ed infatti non ci pensa due volte a liberarsi della figura tossica di Ciro. Ciò che maggiormente denota una crescita caratteriale in lui è l’acquisizione della capacità di distinguere tre bene e male, tra oppressi e oppressori, il che rappresenta la sua carta vincente, capace di farlo salire di livello in modo vertiginoso ai fini della trama.

Mare fuori: le due facce della stessa, orribile, medaglia

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Prima Ciro e poi Edoardo, e dall’altra parte Cardiotrap. Mare fuori ci fornisce una visione a tutto tondo degli “effetti” della camorra, ci mostra le conseguenze e le motivazioni dietro ognuno dei personaggi legati indissolubilmente a questo sistema malato e corrotto. Tra tutti, e questo vale per molti aspetti, il personaggio che spicca di più è sicuramente Ciro, già pronto per fare il boss, forse addirittura più di suo fratello maggiore (e qua ci ritorneremo). Gli occhi iniettati di sangue di gomorriana memoria, la severità di un capo che non può permettersi di apparire debole, anche nella gestione dei rapporti umani, come nel caso di Viola. Ciro è diverso da chiunque altro all’interno dell’IPM, è già pronto per affrontare il mondo da solo (e fare una fine orribile), ma è anche immutabile ed immobile, forse l’unico insieme alla sua “amata”, con lui non c’è e non ci sarà mai nulla da fare. Edoardo qualche speranza la dà. E’ un po’ il Dandi di turno, il classico erede senza meriti che comanda più per l’inadeguatezza degli altri, in un certo senso. Edoardo non è fragile e non sembra intenzionato a muoversi in avanti, ma nella sua storia si coglie appieno la sua umanità, cosa che era impossibile fare con Ciro. Per tornare al discorso di prima, collegato con il più grande degli eredi dei Ricci, è il caso di puntualizzare che il fatto del comandare sia un po’ forzato, talvolta. Per esempio si va a insistere troppo sulla scarcerazione di Edoardo, sul piano per la sua fuga, come se questi da solo fosse in grado di ribaltare la situazione della faida tra le famiglie rivali. In realtà, oltre Ciro, nessun personaggio sembra essere così legato a quel sistema.

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Lo stesso vale per Gaetano e Totò, due figli mai credibili della contagiosità di un sistema che si presenta come offerta identitaria, promettendo controllo e potenza, ma che poi si serve di te e ti abbandona proprio nel momento del bisogno. Ma c’è anche chi non ha accettato tutto questo ed è riuscito a rifugiarsi all’interno della propria armatura. Gianni decide di interpretare Cardiotrap, come se questi fosse un eroe mascherato con un compito ben preciso: smascherare e sbugiardare gli effetti più meschini del nemico. Cardio è colui che mette d’accordo tutti, all’interno dell’IPM non ha nemici, perché lui là dentro ci è entrato con una missione, mosso dalla disperazione, e il suo contagioso ardore gli fa da scudo, mentre affila la voce per combattere la sua guerra più intima e personale, come un vero eroe.

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