Io Sono Farah si impone come una delle Serie Tv turche più avvincenti e coinvolgenti degli ultimi anni (qui alcune delle migliori). Sopravvivenza, riscatto, ricerca di un proprio posto nel mondo, ma soprattutto sacrificio: questi sono i temi centrali di una Serie Tv che, già dalle prime puntate, promette di tenere il pubblico incollato allo schermo, tra scelte inaspettate e colpi di scena imprevedibili.
Anche in questo caso, come in molte altre produzioni presenti sulle due piattaforme, al centro della narrazione troviamo un amore impossibile, tormentato e sfuggente, tra due protagonisti diametralmente opposti, che vivono esistenze radicalmente differenti. Da una parte c’è Tahir Lekesiz – un uomo legato alla criminalità organizzata – dall’altra Farah, una donna iraniana, laureata in medicina, che fugge a Istanbul dopo aver scoperto di essere incinta. Nel tentativo di ricominciare da capo e costruire un nuovo futuro nella metropoli, Farah si ritrova a fronteggiare una delle sfide più dure della sua vita: fare tutto il possibile – sul piano economico ma anche umano – per salvare suo figlio, affetto da una grave malattia immunitaria che richiede cure costose e uno stile di vita estremamente complesso. Una situazione resa ancora più difficile dal fatto che, sia lei che il bambino, sono privi di documenti.
Per cercare di arrotondare e permettere al figlio tutte le cure necessarie, Farah lavora in nero come donna delle pulizie, ed è proprio durante un turno di lavoro che la sua vita cambia radicalmente, dando ufficialmente inizio alla Serie Tv

Durante un turno di lavoro come tanti, Farah si trova costretta a prendere una decisione immediata e radicale nel disperato tentativo di salvare sé stessa e suo figlio. È infatti testimone oculare di un omicidio commesso dalla mafia locale, e l’unico modo per proteggersi è accettare di ripulire interamente la scena del crimine. Questo evento traumatico segna l’inizio di un nuovo capitolo nella sua vita e la conduce all’incontro con Tahir Lekesiz. Legato al mondo della criminalità organizzata, Tahir sviluppa fin da subito un rapporto ambiguo con la protagonista: due mondi agli antipodi si incontrano e si scontrano, dando vita a un rapporto che si trasformerà diventando qualcosa di più.
Nel corso di Io Sono Farah, infatti, le dinamiche tra i personaggi subiscono trasformazioni imprevedibili. Tahir passa dal minacciarla al difenderla con determinazione, spinto da un’attrazione sempre più evidente. Farah, intanto, è chiamata a reagire con lucidità a una serie di eventi che la travolgono da ogni direzione. Deve, prima di tutto, proteggere suo figlio a ogni costo – e non più solo dalla malattia, ma anche da qualsiasi minaccia esterna. Allo stesso tempo, è costretta a resistere alle lusinghe dell’organizzazione criminale, che, vedendo in lei una risorsa preziosa, tenta di coinvolgerla sempre più nei propri affari.
Questa proposta la pone davanti a un dilemma etico profondo: entrare nel giro significherebbe ottenere il denaro necessario per curare suo figlio, ma anche mettere in discussione ogni principio morale, ogni valore in cui ha sempre creduto. Rifiutare la esporrebbe al pericolo; accettare, invece, significherebbe scivolare in un abisso da cui potrebbe non riuscire più a riemergere. Ed è proprio questo a rendere Io Sono Farah così potente e imprevedibile: niente è mai netto, definito, bianco o nero. Tutto si muove in una scala di grigi, fatta di sfumature cariche di dolore, sacrificio e scelte impossibili. I personaggi compiono viaggi interiori profondi, fatti di evoluzioni e involuzioni, e sono proprio questi percorsi personali a costruire la linfa della Serie Tv.
Redenzione, ribaltamenti di prospettiva, decisioni disperate: Io Sono Farah è una sorpresa continua, un valzer drammatico danzato su toni neutri che porteranno la protagonista a non riconoscersi più, a sentirsi un’estranea persino per se stessa.

Ma Io Sono Farah non è solo colpi di scena e tensioni che travolgono lo schermo. Seppur in modo indiretto, infatti, la Serie Tv affronta tematiche sociali profonde, come le difficoltà burocratiche affrontate da chi cerca di ricominciare in un nuovo Paese, e la complessità dell’accesso alle cure mediche per chi è privo di diritti, tutele e di uno status riconosciuto. Il mondo di Io Sono Farah, come già accennato, non fa sconti, non alleggerisce il peso della narrazione e non offre vie d’uscita semplici. Al contrario, aumenta progressivamente la tensione, portando la protagonista a vivere in un costante stato di allerta, priva di equilibrio e senza più alcun punto di riferimento.
Tutto ciò che sa è che, da questo momento in poi, ogni certezza è crollata: nulla è stabile, niente è più al sicuro, e la sua storia – già segnata dal dolore – si prepara ad affrontare uno dei capitoli più oscuri, pericolosi e vulnerabili della sua esistenza. E tutto questo rappresenta solo l’inizio. L’antipasto di una narrazione intensa e travolgente, pronta a sconvolgere lo spettatore e a tenerlo incollato allo schermo tra sacrifici e redenzione, potere e paura di perdere tutto. Anche se stesso.

