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La scommessa vinta da Il Baracchino, lo spartiacque della serialità animata in Italia

tutti i personaggi principali del Baracchino

Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler de Il Baracchino

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Quello che Salvo Di Paola e Nicolò Cuccì hanno ideato non è nient’altro che un vero e proprio esperimento. Spoiler: riuscitissimo. Il Baracchino, che è uscito il 3 giugno su Prime Video (insieme ad altre novità), è una serie animata italiana che raduna tutte le voci più eminenti della stand up comedy nostrana. E la sua stessa trama gira intorno al mondo della comicità, condita da una narrazione malinconica ma anche divertente di spezzoni di vita vera. Claudia (Pilar Fogliati), nipote di una famosa stand up comedian, cerca di convincere lo scorbutico Maurizio (Lillo Petrolo) a non chiudere il Baracchino, celebre locale open mic. E per farlo, radunerà una serie di sgangherati personaggi che cercano di fare i comici ma che non hanno nessun tipo di esperienza. Solo molto cuore e molta solitudine che li accomuna.

Il progetto de Il Baracchino è un progetto che risulta molto ambizioso ma che non nasce per esserlo. Ed è proprio questo che lo rende preciso e puntuale sul pubblico che ne fruisce.

Non solo quello che la stand up comedy la mastica tutti i giorni, bensì un largo pubblico che semplicemente ha voglia di una storia leggera ma scritta bene, non banale e anche a tratti commovente.

Il Baracchino
credits: Lucky Red, MegaDrago

Ma partiamo dal primo impatto: Il Baracchino è una seria animata, ma non con un’animazione tradizionale. Uno dei suoi punti di forza è proprio la varietà di tecniche di animazione che utilizza e che rende l’intera serie quantomeno interessante. Anche solo dal punto di vista estetico. Lo studio di animazione palermitano Megadrago, che si è occupato della realizzazione insieme a Lucky Red, ha messo insieme stop-motion, marionette, animazione 2D e animazione 3D. Il tutto con un unico punto in comune: il bianco e nero, che viene tradito solo nell’occasione giusta.

Questa mescolanza di tecniche e queste scelte per nulla scontate, fanno de Il Baracchino una serie animata che va leggermente controcorrente e che risulta soprattutto unica nel suo genere. Va controcorrente perché non segue un filone già battuto e si butta a capofitto un un esperimento, come si diceva, senza rete di protezione.

Oltretutto, affrontando un tema che è sicuramente divertente e che si presta alla risata ma che ha anche moltissime zone d’ombra. Che affronta con coraggio e anche con la giusta dose di malinconia e disillusione. Il Baracchino parla sì di comicità, ma con un amaro in bocca che diventa necessario e fondante della stessa. Basti pensare alla sottotrama della zia di Claudia, che perde la sua luce “vendendosi” alla televisione generalista.

Il Baracchino, infatti, sa benissimo come coniugare il momento di comicità con quello di riflessione, se così possiamo chiamarla. Senza mai farci notare troppo la differenza tra le due cose, come se luce ed ombra coesistessero in maniera pacifica. E, alla fine, coerente. I personaggi che gravitano intorno al locale Baracchino hanno tutti lo stesso scopo: quello di mantenere vivo un certo mondo ma anche un vero e proprio locale fisico dove potersi sentire compresi e ascoltati. Perché sono strambi, e Il Baracchino ci racconta in primissima istanza della stranezza di questi personaggi, come fosse il focus centrale di tutto.

Il Baracchino
credits: Prime Video

E allora c’è Jhon L’umano (Daniele Tinti) che è un alieno che cerca di far credere goffamente a tutti che sia umano; un Leonardo Da Vinci doppiato da Edoardo Ferrario che riflette sulla caducità delle sue imprese; il piccione tabagista di Luca Ravenna e Naomi Ciambell di Michela Giraud.

Ognuno di questi personaggi, che sono solo una parte del cast, lotta per la propria esistenza. Tramite il Baracchino, l’unico posto dove possono essere loro stessi senza sembrare strani. O meglio, sembrando strani ma con fierezza. Perché la stranezza fa ridere, e la stand up comedy, ci dice Il Baracchino, di poggia sulla verità e sul marcio della vita.

Maurizio, lo scorbutico unicorno proprietario del locale, istruisce i nuovi adepti dicendo loro che è la verità che va utilizzata sul palco per far ridere. Che solo la verità vende. E, in fondo, è un po’ quello che cerca di fare la serie animata Il Baracchino: mostrarci la verità di un mondo piuttosto cinico ma che sa essere anche molto divertente, magari rileggendola sotto forma di animazione. Giusto per indorare la pillola. Una pillola che Maurizio non riesce a mandare giù e che Claudia, invece, cerca di rigettare. La sottotrama della zia di Claudia e del suo passato è il gancio che più di tutto ci ha sconvolti.

Il Baracchino non solo rinnova il modo di pensare all’animazione italiana e alla narrazione della comicità, ma porta in scena uno dei monologhi meglio scritti in assoluto sulla mortalità e sulla morte.

La puntata (l’unica a colori) in cui capiamo qualcosa in più del passato di Claudia e della zia è un fortissimo colpo al cuore che, nel mezzo della narrazione, ci capita tra capo e collo. È una puntata straziante ma anche scritta meravigliosamente, dedicata ad un sentimento più malinconico che comico. E, anche se non lo sapevamo, era proprio quello di cui avevamo bisogno.

Il Baracchino
credits: Prime Video

La scommessa vinta da Il Baracchino è proprio questa. Nessuno pensava di aver bisogno di un contenuto sulla stand up comedy o sulla scena comica italiana, già piuttosto utilizzati come strumenti di narrazione negli ultimi anni. E, invece, Il Baracchino stupisce tutti con una delicatezza e una maestria fuori dal comune. Perché parla di comicità ma lo fa con consapevolezza, prima di tutto, e anche con moltissima rabbia che affiora senza ferire. Che colpisce ma che crea una comprensione più ampia del tema. Il Baracchino è la serie di cui non sapevamo di avere bisogno ma che, tutto sommato, risulta necessaria.

Per il coraggio che ha avuto di svilupparsi su un’animazione non canonica, ma anche per la capacità che ha di reinventare un modo di descrivere un mondo fin troppo raccontato. E di raccontarlo per davvero, creando un fortissimo contrasto tra quello che può apparire un cartone animato leggero e una narrazione cruda e tutt’altro che immaginata.

Il Baracchino, come vorrebbe Maurizio, racconta la realtà. Che certe volte fa molto ridere e certe volte ti fa venire voglia di scappare da tutto. Claudia, in questo senso, è funzionale alla riappacificazione di queste due forze apparentemente opposte.

Claudia è un deus ex machina leggermente fallato, che prova a fare quello che è giusto ma che rimane fallibile. E, proprio per questo, è credibile. Esattamente come la serie stessa Il Baracchino, che punta molto sul realismo cinico ma anche molto sulla narrazione comica. Che in fondo è il suo cuore pulsante. I comici che hanno dato le voci ai vari protagonisti (tra i quali non sono stati ancora citati anche Pietro Sermonti, Yoka Yamada, Stefano Rapone, Frank Matano) hanno scelto il loro stesso personaggio, scrivendolo assieme a Di Paola e Cuccì. Rendendo il tutto ancora più personale e più veritiero, scandagliando una parte del loro stesso essere comici.

Il Baracchino
credits: Lucky Red, Megadrago

Il bello de Il Baracchino è anche questo attaccamento alla stand up comedy, che non viene assolutamente celato ma esaltato. Il Baracchino va controcorrente perché si assume la responsabilità di parlare di un mondo cinico e complicato ma che deve rivolgersi alle persone, possibilmente senza renderle tutte ciniche e complicate.

Il punto di arrivo de Il Baracchino ma anche della comicità italiana del momento, deve essere la risata. Ma non fine a se stessa, una risata che significhi benessere e leggerezza anche quando sembra tutto nero. Un posto sicuro dove poter essere se stessi. Un posto come il Baracchino.