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Il lato oscuro di Hello Kitty

Tutti, almeno una volta nel corso della nostra vita, abbiamo sentito parlare di Hello Kitty. Il gattino bianco è attualmente un marchio che fattura circa un miliardo di dollari all’anno.

Originariamente indirizzato a un pubblico di bambine, oggi Hello Kitty accompagna prodotti delle più svariate tipologie. Abbiamo dunque beni di uso comune (matite, orologi, bracciali ecc.), ma anche biancheria intima e, in Giappone, persino abiti da sposa. Basti pensare che la Fender ha prodotto una chitarra Stratocaster modello Hello Kitty.

La prima serie animata di cui fu protagonista la gattina bianca più famosa al mondo è andata in onda nel 1987, negli Stati Uniti. Il titolo del cartone animato era Hello Kitty’s Furry Tale Theatre, parodia di alcune fiabe e film di successo del periodo.

Insomma, Hello Kitty è conosciuta in tutto il mondo. Ma siamo davvero sicuri di sapere qual è la storia reale che ruota attorno alla gattina?

hello kitty

Noi ci siamo imbattuti in un racconto abbastanza grottesco che riguarda proprio Hello Kitty e che, con molta probabilità, vi farà guardare il suddetto marchio con occhi un po’ diversi.

Nel 1999, a Hong Kong, Hino (nome di fantasia, quello reale non fu mai svelato), una ragazzina di 14 anni si presentò alla stazione di polizia affermando di essere perseguitata dal fantasma di una donna. I poliziotti, anche se scettici, decisero di seguirla nel suo modesto appartamento. Ciò che trovarono all’arrivo fu decisamente raccapricciante: un cranio umano infilato nella testa di un pupazzo. L’omicidio venne soprannominato L’omicidio di Hello Kitty e, ancora oggi, fa rabbrividire il mondo intero.

Fan Man-yee nacque nel 1976 in Cina, ma venne abbandonata dai suoi genitori quando era ancora una bambina. A 16 anni decise di non voler soccombere alla malavita locale, ma piuttosto di volerne far parte.

Fan Man-yee iniziò dunque a organizzare piccoli furti e a vendersi per strada, essendo nel frattempo diventata anche una tossicodipendente. A 21 anni entrò a far parte di un bordello di Tsim Sha Tsu, dove la sua clientela era formata quasi esclusivamente da malavitosi. Il 34enne Chan Man-lok, in modo particolare, divenne uno dei più fedeli clienti. L’uomo era solito essere piuttosto violento quando si trovava sotto effetto di stupefacenti e iniziò addirittura a sfogarsi proprio su Fan.

La ragazza, dopo un anno di abusi, decise di fuggire via. Prima, però, gli rubò un portafogli HK$ 4000 in contanti. L’uomo riuscì a riprendersi il denaro, e volle inoltre HK$ 10000 come risarcimento per il furto subito. Non avendo soldi per ripagare il denaro dovuto, Fan venne rapita il 17 marzo 1999 da Chan e da altri due complici, Leung Shing-cho e Leung Wai-lun.

Fan venne portata a casa della “fidanzata” del suo aguzzino, Hino, dove volevano farla prostituire fino al momento in cui avrebbe ripagato i HK$ 10000 richiesti. La ragazza, tuttavia, continuamente picchiata dai tre uomini, dopo poco iniziò a esibire un volto tumefatto. Nessuno, dunque, voleva più andare a letto con lei.

Chan, capendo di non poter più utilizzare la ragazza per ricavare del denaro, pensò di sfruttarla semplicemente per il proprio divertimento personale. Lui e i suoi compagni iniziarono a pestarla prima a mani nude, poi con soprammobili e barre di metallo. Dopo circa un mese di torture inimmaginabili, nell’aprile del 1999, Fan morì.

Quando i tre uomini si resero conto che la ragazza era morta, iniziarono a pensare a come farla franca senza che nessuno sapesse dell’accaduto. Dissezionarono quindi il corpo della ragazza, segarono le ossa, misero i suoi organi interni in una busta e li buttarono. Per la testa, tuttavia, ebbero un’idea diversa. Uno di loro aprì un peluche di Hello Kitty trovato nell’appartamento, tolse l’imbottitura che si trovava nella parte della testa, e vi infilò il cranio di Fan Man-yee, ricucendo subito dopo il pupazzo.

Durante il processo i tre hanno dichiarato che alcuni pezzi del corpo della ragazza furono cotti e dati in pasto a un cane. Gli aguzzini vennero dunque condannati a 20 anni di carcere, mentre Hino venne considerata una collaboratrice di giustizia non perseguibile a norma di legge.

L’omicidio di Hello Kitty ha ispirato due film, ossia Ren tou dou fu tang (There Is a Secret in My Soup) e Song jun tin leung (Human Pork Chop).

Pensare a Hello Kitty non è mai stato così inquietante, non è vero?

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