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Godfather of Harlem non è solo la classica gangster story

Godfather of Harlem, la serie prodotta da ABC Signature e distribuita da Star (Disney+) gode di tutti gli elementi necessari per uno spettacolo coinvolgente ed appassionante. Parte da un genere comune come il gangster per poi dilungarsi su temi storici e politici incisivi ed importanti. Noi di Hall of Series l’abbiamo vista e ve ne parliamo in questo articolo.

Bumpy Johnson non ha mai smesso di crederci

godfather of Harlem

La storia raccontata in Godfather of Harlem è quella di Bumpy Johnson, criminale afroamericano che ha conquistato il quartiere newyorkese di Harlem in un periodo storico in cui la città era in mano agli italiani delle cinque famiglie di Cosa Nostra statunitense. La narrazione comincia ad inizio anni ‘60 con il ritorno in libertà di Bumpy dopo dieci anni passati in quel di Alcatraz. Al suo arrivo ad Harlem, il quartiere è ormai nelle mani della mafia, e la sua gente, gli afroamericani storicamente insediati nel suddetto quartiere, non se la passa molto bene, come è sempre stato, d’altronde. Godfather of Harlem è la storia dell’ascesa al potere di un afroamericano in una città governata da italoamericani e soprattutto in un paese profondamente razzista e scosso da tumulti mai visti prima, quelli della New York anni ’60 in cui la comunità nera si ribellò ai soprusi dei bianchi. Infatti, Godfather of Harlem ci offre uno spaccato sulla condizione degli afroamericani in quel periodo, grazie anche alla presenza di personaggi come Malcolm X e Adam Clayton Powell Jr., due icone della lotta per i diritti umani. E’ dunque la storia di quegli uomini che nel loro piccolo riuscirono a fare qualcosa di significativo per la propria gente, nonostante il periodo complicato e l’ostilità che riversava nelle strade, sia da parte dei bianchi sia tra gli stessi afroamericani, divisi nell’odio da ideologie politiche estreme e fondamentaliste.

La vera Harlem

godfather of Harlem

La serie è confezionata in modo esemplare in termini di credibilità. A partire da un cast stellare con protagonista Forest Whitaker nei panni del gangster afroamericano, passando per il solito eccezionale Giancarlo Esposito nei panni di Adam Clayton Powell Jr., predicatore che al pari di Malcolm X si batte per i diritti della sua gente, nonostante le differenti ideologie religiose e politiche, con l’obiettivo di restituire dignità alla comunità nera dell’intera nazione, partendo dall’epicentro di Harlem. Ma a New York ci sono anche le famiglie di Cosa Nostra, guidate dal gestore Frank Costello, interpretato dall’immortale Paul Sorvino, e ancora Chazz Palminteri nei panni di Joe Bonanno e, soprattutto, Vincent D’Onofrio, interprete di Vincent Gigante, ex autista di Vito Genovese e ora a capo della famiglia omonima, che controlla proprio parte del quartiere di Bumpy Johnson. Con un cast come questo lo spettacolo viene da sé, tra intrighi di potere e continui e repentini cambi di alleanze. La coralità lascia comunque spazio al talento dei singoli e alle mille sfaccettature dei personaggi, come per lo stesso Gigante, padre e padrone di Stella, una figlia costretta alla ribellione dall’oppressione di Vincent che allontana i suoi pretendenti isolandola dalla realtà e finendo inevitabilmente per metterla contro se stesso.

godfather of harlem

Bumpy, poi, se la deve vedere non solo con la mafia italoamericana per il controllo del territorio, ma anche e soprattutto con il razzismo popolare di un paese che rifiuta di accettare la parità dei diritti ai neri. Ed è in questo contesto che nasce l’alleanza tra Johnson e Malcolm X, interpretato magistralmente da Nigel Thatch, oltre che con i problemi di una famiglia orfana di un padre per forza di cose assente, ma che con il suo spirito risolutivo fa di tutto per riportare la serenità tra le mura di casa e del quartiere. Godfather of Harlem è la storia di una redenzione che passa attraverso la criminalità per strillare a tutti che Harlem è viva e non vuole estranei al comando.

L’odio che scatena l’odio

Ma il problema di fondo lo si può trovare in tutti quei sentimenti che hanno rallentato, se non impossibilitato completamente, il passaggio in una strada che conduce alla parità e all’uguaglianza. Godfather of Harlem è anche una finestra sull’avidità di potere, sull’invidia e sull’odio che hanno contraddistinto la comunità afroamericana lungo gli anni ’60 e non solo, quando Malcolm X predicava la speranza in un futuro uguale per tutti i suoi fratelli, finendo per doversi preoccupare più per i dissidi interni alla Nation of Islam guidata da Elijah Muhammad che per le minacce esterne di un popolo profondamente razzista e incline al cambiamento. L’odio che scatena altro odio, che lo trascina e lo rende pervasivo e tremendamente reale. Godfather of Harlem, a parte alcune differenze in favore di una narrazione più lineare, ci offre uno sguardo al passato utilizzando più volte immagini di repertorio che ci riportano indietro nella New York degli anni ’60 e che danno la possibilità al pubblico di familiarizzare con un contesto complicato e profondamente corrotto in cui risultava davvero difficile scegliere da che parte stare e fingere di non vedere il marcio, ovunque fosse. Godfather of Harlem non è, decisamente, la classica storia di gangster, è molto di più. Il valore storico e politico di questa serie è decisamente determinante e significativo. La storia di Bumpy Johnson è quella di un uomo nero della working class che si fa strada tra i bianchi, a gomitate, riuscendo ad arrivare in cima alla piramide del potere che, per quanto in determinati contesti sia effimera e di breve vita, ha un sapore decisamente diverso in questo caso, perché mostra la difficoltà di imporsi che quella gente viveva nella quotidianità, in ogni dialogo e in ogni scena in cui Johnson viene sminuito da quel maledetto seme d’odio che l’essere umano ha coltivato fin dall’alba dei tempi.

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