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Copenhagen Cowboy – Netflix le fa ancora le serie di livello, solo che non le sponsorizza

Nicolas Winding Refn non è solo un regista: è un’intensa luce viola che ti racconta la decadenza con scurrilità e cinismo. E’ la firma di Pusher, Solo Dio Perdona e The Neon Demon, e adesso anche di un piccolo gioiello delle Serie Tv che in Italia non sta producendo alcun tipo di rumore. Ma la colpa non è la sua, e forse neanche la nostra. La colpa è di chi ha la fortuna di avere queste piccole perle nel proprio catalogo ma non lo ha detto a nessuno. La colpa è della piattaforma che non si è resa conto dell’immensa grandezza che aveva tra le mani, e così ha finito per promuovere tutto il resto delle altre aggiunte senza mai dedicare neanche una parola a Copenhagen Cowboy, la produzione Netflix che non ti aspetteresti mai, e che invece arriva come uno schiaffo in faccia. La piattaforma ha abituato il suo pubblico a un determinato di produzioni svelando un volto ben definito che, però, non si sposa per niente con Copenhagen Cowboy. Questa nuova Serie Tv non possiede alcuna tipica caratteristica Netflix. Libera, indipendente e quasi cinematografica, Copenhagen Cowboy è diversa da qualsiasi altro tipo di produzione seriale, un elemento che di certo – se sponsorizzato – avrebbe permesso alla piattaforma di raccontare un lato di sé coraggioso, pronto ad andare oltre i soliti comfort e a scommettere su una Serie Tv firmata da uno dei registi più controversi di sempre.

Copenhagen Cowboy è su Netflix, una piattaforma con cui non condivide assolutamente niente ma che – al tempo stesso – le restituisce un posto in cui stare, anche se questo non lo dice a nessuno

Copenhagen Cowboy
Copenhagen Cowboy (640×360)

La storia che Copenhagen Cowboy racconta l’abbiamo vista e rivista, sentita e risentita, ma mai in questo modo. La firma del regista di The Neon Demon è per questo motivo qui ben evidente e ci permette di cogliere la sua presenza attraverso frame caotici che lasciano spazio all’immaginazione. Perché questo è quello che succede quando ci si ritrova di fronte a una produzione di Nicolas Winding Refn: le porte della nostra mente si aprono con l’obiettivo di farci esplorare qualsiasi tipo di interpretazione, rendendo le scene protagoniste un viaggio verso tutto quello che razionalmente non sembra avere spiegazione. Ogni cosa in Copenhagen Cowboy riporta alla luce l’essenza più reale regista mettendo sempre in discussione per questa ragione tutto quello che, all’apparenza, non sembra reale.

A farci da guida in questa storia troviamo Miu, una ragazza con poteri soprannaturali che viene venduta come portafortuna. Attraverso questo espediente narrativo, Nicolas Winding Refn racconta un mondo senza umanità in cui l’unica cosa che prevale è l’istinto, le persone come cavie umane, la disumanità. Per trasmetterci questo messaggio in modo ancor più evidente, Refn introduce all’interno della serie degli spaccati di pochi secondi in cui si vedono dei maiali, un’ovvia allegoria che ci permette di entrare totalmente dentro l’essenza delle serie e il tipo di (non) umanità che descrive.

Ma sono proprio i dettagli a rendere Copenhagen Cowboy una Serie Tv mai vista prima, la più alta forma di rappresentazione del cinema noir nel mondo della serialità. Per la sua struttura, la serie sembra quasi un film lungo e non una storia che trova un’interruzione ogni cinquanta/sessanta minuti. D’altronde, la nuova perla di Nicolas Winding Refn rispecchia completamente l’essenza del cinema indipendente e, come tale, cammina con un alone di misero e la più totale libertà espressiva del regista che ancora una volta dimostra di poter diventare nuovo volto del mondo della serialità.

Copenhagen Cowboy
Copenhagen Cowboy (640×360)

Copenhagen Cowboy non è infatti la prima opera seriale di Refn. Il regista aveva infatti già intrapreso questo cammino attraverso Too Old to Die Young, una Serie Tv per certi versi molto simile alla nuova produzione Netflix. In entrambi i casi il mondo della criminalità viene sviscerato attraverso espedienti narrativi mai visti prima capaci di restituirci un nuovo sguardo nei confronti di queste tematiche. Perché Miu, la ragazza con i superpoteri di Copenhagen Cowboy, non sarà soltanto qualcosa di soprannaturale all’interno di questo piccolo gioiello: sarà il mezzo attraverso il quale giungeremo fino ai bassifondi della criminalità entrando in un universo che ancora una volta restituisce l’immagine di un mondo in piena decadenza e privo di umanità.

Ma la decadenza che Netflix ha portato nel suo catalogo è presto stata silenziata da una pubblicità inesistente che non ha permesso ai suoi utenti di venire a conoscenza di simile gioiello. Il coraggio della piattaforma non è stato riconosciuto da nessuno ed è rimasto nascosto nel catalogo non potendo così contraddire chi affermava che Netflix fosse sempre uguale. Netflix non è sempre uguale. Netflix ha appena fatto un passo verso Copenhagen Cowboy e Nicolas Winding Refn, ma non l’ha comunicato. E’ rimasta lì, intrappolata tra il suo dire e il suo non dire. Non è chiaro per quale motivo una piattaforma come questa non abbia sponsorizzato a dovere una Serie Tv così interessante diretta da un regista come Refn. Se questa operazione fosse stata fatta, gli utenti avrebbero finalmente potuto riconoscere un nuovo volto di Netflix mettendo forse finalmente in dubbio quell’assioma che afferma che la piattaforma streaming più potente al mondo faccia tutte le Serie Tv uguali. Forse non è così. Forse, anche se in silenzio, una nuova era è iniziata, e ha a che fare con prodotti di altissimo livello.

Copenhagen Cowboy è audace, seducente e avvolgente