Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » #ConsigliSeriali » #ConsigliSeriali – Perchè guardare Childhood’s End

#ConsigliSeriali – Perchè guardare Childhood’s End

Childhood’s End è una miniserie di tre episodi prodotta da Syfy e andata in onda nel 2015, ma le sue origini ci portano indietro fino al 1953, anno di pubblicazione del romanzo in Italia tradotto con “Le guide del tramonto”. L’autore non è niente meno che Arthur C. Clark, celeberrimo per il suo apporto alla letteratura fantascientifica, che ricordiamo principalmente per 2001: Odissea nello Spazio, trasposto cinematograficamente da Kubrick. Quest’ultimo ebbe anche un legame con Childhood’s End, in quanto intenzionato a rendere il romanzo in pellicola, ma il progetto non andò mai in porto e anzi, diresse il cult di cui prima.

Si dice che Childhood’s End sia un’opera difficile da adattare alle immagini, e ciò giustifica i numerosi riferimenti ad essa nella musica e altri prodotti culturali, ma anche la scarsità di trasposizioni. Un film fu girato nel 1996, ma si considera un insuccesso.
Quello che forse rende questa una trasposizione riuscita è l’ambientazione contemporanea, diversa dalla previsione della fine del XX secolo che si figurò Clark negli anni ’50. Sta di fatto che Childhood’s End si rivela una miniserie valida e godibile, sebbene la sua notorietà si riduca ai fan del genere e a pochi altri; non esiste infatti – ancora – un adattamento italiano.

Poiché si presenta sotto forma di tre episodi da 80 minuti ciascuno, potremmo piuttosto pensare a questa serie come un lungo film diviso in tre tempi, ognuno di essi ben scandito e con un proprio arco narrativo.
Ma piuttosto, ora veniamo alla trama in sé e al perché varrebbe la pena dargli una possibilità. Va da sé che la serie presenti differenze, oltre che di collocazione temporale, rispetto all’opera originale.

Ci collochiamo nel genere distopico, ma allontanate la mente dalla moderna distopia: il mondo subisce un’invasione aliena pacifica, la quale mette fine a tutti i mali dell’umanità. Niente più guerre, fame, inquinamento, malattie, ma soprattutto ingiustizia.

Un giorno delle enormi ed imponenti navi aliene si stanziano nel cielo, sovrastando le città, e iniziano la loro sorveglianza della Terra.

I bambini, col naso all’insù, osservano ignari questi colossi provenienti da un mondo distante migliaia di anni luce, mentre questa specie aliena fa apparire alle soglie delle case i cari defunti delle persone a portare il loro messaggio.
Superni, Overlords, vengono chiamati. In maniera pacifica prendono le redini del mondo, ma pur sempre si pongono alla guida, e questo non è insignificante. Tra sette miliardi di persone scelgono il loro portavoce, la persona più pura d’animo di questo pianeta, che si dà il caso essere Ricky Stormgren, un umile contadino il quale si presta alla missione in quanto privo di interessi, al contrario di qualsiasi guida spirituale o capo di stato.
Ricky diventa la voce dei Superni, ma ad un’attenta osservazione scopriremo che dietro alla proclamata libertà di azione si cela una studiata persuasione.

Childhood's end

Così il mondo diventa un paradiso terrestre, con tutti i mali debellati e la pace che, al contrario di quanto ogni singolo uomo avesse mai potuto pensare, regna sovrana ed incontrastata. I Superni sono l’occhio nel cielo, osservatori di una nuova quiete, e permettono perfino la creazione di New Athens, una città in cui vivere ancora secondo le vecchie regole. Sì, perché lo stato di quiescenza ha portato all’assopimento della curiosità scientifica, degli slanci creativi ed artistici, ad un’atrofia del pensiero laterale, semplicemente perché non ce n’è più bisogno, ma sono tutte cose che ancora vivono a New Athens.

Solo dopo quindici anni di coesistenza i Superni si mostrano all’umanità, in una scena per cui da sola vale la pena di imbarcarsi nella visione, poiché suscita le sensazioni più contrastanti, proprio come l’ossimoro che rappresentano questi alieni, simbolo del dualismo tra bene e male. I Superni non sono esseri malvagi, né benevoli, e la loro ragion d’essere la lascio a voi da scoprire, ma sappiate che ben presto l’utopia in cui vive l’umanità svela molto di più.
È qui che entrano in gioco i bambini, che smettono di comportarsi come tali quando l’infanzia viene rubata all’umanità.

Childhood’s End non parla di una brutale colonizzazione, dello sterminio della razza umana per mano di entità superiori. Affatto, è come uno specchio dato in mano all’umanità per guardarcisi e riflettere su se stessa e sulle proprie falle, esattamente come l’enorme specchio della stanza immaginaria dietro cui Karellen (interpretato da Charles Dance), il rappresentante dei Superni, si nasconde durante i suoi colloqui con Ricky Stormgren.

Il nostro più grande problema è crediamo in tantissime cose, ma conosciamo ben poco. Siamo una specie passionale ed impulsiva, ben lontana da un’empirica razionalità, ed è questa – ci svela Childhood’s End – la nostra più grande croce e qualità. Per fortuna, la speranza nel progresso per il futuro è riposta in un luogo sicuro: i bambini. E se invece così non fosse?