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Barbari ha la forza per essere la Vikings dei Germani?

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla seconda stagione di Barbari!!

Sul divide et impera i Romani hanno spalmato gran parte della propria fortuna. L’impero che conosciamo si è consolidato grazie a quel semplice, all’apparenza banale precetto: dividi i popoli che conquisti e poi governali. È quel che è successo in quasi tutte le grandi campagne militari dell’antica Roma. Le aquile arrivavano nelle terre sconosciute, sottomettevano le popolazioni locali, tessevano alleanze o massacravano le singole tribù scongiurando sempre il rischio che queste si compattassero tra di loro e organizzassero una resistenza comune all’invasore. È quel che è successo in Gallia ai tempi di Giulio Cesare ed era quel che avevano in mente anche per la Germania, regione più impervia, oscura e misteriosa. La serie tedesca Barbari, approdata per la prima volta su Netflix nel 2020 e tornata di recente con una seconda stagione, è nata per raccontare questo spezzone storico: l’arrivo dei Romani, la clamorosa disfatta di Varo nella celebre battaglia di Teutoburgo, l’arrivo oltre il Reno di Germanico e i nuovi scontri tra le popolazioni locali e le legioni di Augusto. Un progetto ambizioso, elaborato sul presupposto di un ribaltamento di prospettiva che mira a distoglierci dal punto di vista dei Romani per abbracciare invece quello delle tribù conquistate. La grande storiografia attraverso la quale possiamo ricostruire oggi quelle vicende è quasi tutta di parte romana. Barbari ci porta invece dall’altro lato delle barricate, accanto ad Arminio e ai capi barbari che si ritrovarono a dover fronteggiare l’invasore straniero.

Barbari (640x360)
Barbari (640×360)

La serie Netflix si era presentata come un dramma storico corale, pronto ad innestarsi sulla scia di show di successo come Vikings, I Borgia o I Tudor.

Il titolo stesso – Barbari – ci faceva pensare a un’operazione simile, incentrata sull’epopea delle popolazioni oltre il Reno, una storia così affascinante e poco conosciuta al grande pubblico. I presupposti sembravano buoni, anche se la seconda stagione ha un po’ fiaccato l’entusiasmo iniziale. Barbari è stata realizzata da Arne Nolting, Jan Martin Scharf e Andreas Heckmann e il cast iniziale annoverava gli attori Jeanne Goursaud, David Schütter e Laurence Rupp nel ruolo dei protagonisti. Il nuovo ciclo di episodi – disponibile dal 21 ottobre su Netflix – ha allargato gli orizzonti e ha provato a darsi un’impronta diversa rispetto alla prima stagione. Siamo nell’anno 10 d.C., a un anno dai fatti di Teutoburgo e della pesante sconfitta romana. Publio Quintilio Varo è morto, Arminio sta provando ad organizzare la difesa delle tribù locali e Roma prepara la spedizione per vendicare la disfatta subita dalle aquile in quei territori ostili. Augusto manda in Germania Tiberio – futuro imperatore – e il suo figlio adottivo Germanico, uno dei personaggi più attesi di questa seconda stagione. Le legioni si riorganizzano, si preparano a stanare il nemico e a schiacciarlo prima che questo riesca a compattarsi e a rappresentare una minaccia per l’impero. Il famoso divide et impera a cui tener sempre fede.

Barbari (640x360)
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Arminio e Thusnelda provano a convincere gli altri capi locali della legittimità della loro causa: se le tribù si faranno trovare impreparate e disunite, Roma le annienterà senza pietà. Messosi alla guida dei Cherusci, Arminio prova a portare dalla sua parte Marbod, il re dei Marcomanni che dispone di circa 70 mila uomini, fondamentali per provare a strappare una vittoria al nemico. Le trattative non sono semplici: Marbod è stato al servizio di Roma – proprio come Arminio – e con il dominatore straniero ha un buon rapporto. La guerra a oltranza, inoltre, gli sembra la scelta meno conveniente per il suo popolo, per cui il suo punto di vista finisce per scontrarsi – a volte in modo persino traumatico – con quello del capo dei Cherusci. Intanto Tiberio prova a sgominare le tribù locali con l’aiuto di Germanico e di Flavus, il fratello di Arminio rimasto fedele a Roma. Sono tanti i nuovi personaggi introdotti dalla seconda stagione: oltre ai nuovi occupanti e al re dei Marcomanni, troviamo anche Gaius, un giovane spaurito e impacciato che poi scopriamo essere il figlio di Arminio, nato e cresciuto nella capitale e per questo poco incline a perdonare il padre per il suo tradimento. Tornano invece Thusnelda e il suo spirito combattivo e Folkwin, che pure darà il proprio contributo alla causa dei Germani.

L’elemento più interessante di Barbari è il ribaltamento del punto di vista attraverso il quale la storia viene raccontata.

Barbari (640×360)

I protagonisti non sono qui i Romani. Non è la loro prospettiva a prevalere. I conquistatori sono dipinti nella loro veste più agghiacciante: assassini crudeli, condottieri spietati, colonizzatori senza pietà. A fare le spese della loro cattiveria sono i popoli germanici, stanati nelle loro terre e costretti a sottomettersi all’invasore straniero e alle sue regole. Anche le scelte linguistiche sono finalizzate ad accentuare il senso di immedesimazione con i Barbari e ad alimentare il disprezzo nei confronti dei Romani. Gli attori che interpretano gli invasori sono costretti a recitare in latino, una lingua incomprensibile senza l’ausilio dei sottotitoli e proprio per questo perfetta per creare quella sensazione di estraneità rispetto al punto di vista romano. Le foreste così fitte e inospitali, la vegetazione quasi soffocante di alcuni scorci, l’immediatezza con cui riescono ad arrivare gli stati d’animo dei protagonisti, contribuiscono a rinsaldare il legame di empatia tra gli spettatori e i personaggi barbari e, dall’altro lato, a farci percepire come una minaccia la presenza romana in quella regione.

Il ribaltamento di prospettiva è stata una delle ragioni che hanno garantito un esordio tutto sommato positivo alla serie, approdata per la prima volta su Netflix nel 2020 con i primi sei episodi. La produzione era già al lavoro per la seconda stagione di Barbari. Lo show – che pure avrebbe potuto accontentarsi del formato della miniserie autoconclusiva – è stato progettato con l’idea di ricavarne più stagioni per poter esaurire il racconto dell’epopea barbara dell’inizio del I secolo d.C. Una storia affascinante, che merita un approfondimento dei suoi personaggi e delle vicende che li videro protagonisti e a cui il capitolo d’esordio sembrava aver offerto una prima risposta. La seconda stagione avrebbe dovuto fare un balzo in avanti rispetto a quanto visto nei primi episodi. Il richiamo a period drama corali in stile Vikings sembrava piuttosto esplicito e la serie avrebbe potuto riprodurre la campagna di Germanico fino alla battaglia di Idistaviso, che pure fu decisiva nel decretare il futuro della regione. Una regione che, per altro, non venne mai totalmente assoggettata, come era avvenuto invece per la Gallia ai tempi di Cesare, e che diede parecchio filo da torcere alle aquile imperiali. I presupposti per virare verso un orizzonte più vasto c’erano e ci sono tutti. Quel che resta da capire è se la serie Netflix sarà davvero in grado di elaborarli. La seconda stagione ha fatto un passo indietro sul fronte della qualità complessiva del racconto, meno vivido e più confusionario del primo. Ma il plot twist finale ci preannuncia l’arrivo di una terza stagione, che potrebbe cancellare la tentennante parentesi della seconda e proiettarsi verso una struttura più complessa e ambiziosa. Sarà difficile immaginare una Vikings dei popoli germanici, ma il progetto resta interessante.