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And Just Like That ci ha provato in tutti i modi, ma alcune volte i revival non sono necessari

And Just Like That, una delle serie tv in arrivo questa settimana

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Ci siamo passati tutti almeno una volta nella vita. A tutti è capitato di prendere una decisione con assoluta sicurezza e di portarla avanti per poi renderci conto di quanto fosse sbagliata. Di quanto non fosse altro che un grave errore. A tutti poi è capitato di chiederci: “E ora che si fa? È ancora possibile rimediare?”. A volte è troppo tardi, altre no. In ogni caso è una situazione difficile, perché porta sempre con sé la consapevolezza di un errore. Dio solo sa quanto io odi sbagliarmi. Ecco, in questo preciso momento della mia vita sto pensando: chissà se anche Darren Star, ideatore e creatore di Sex and the City, si è chiesto la stessa cosa dopo aver prodotto la prima stagione di And Just Like That, sequel del suo capolavoro. Probabilmente sì, visto che arrivato alla terza stagione l’ha chiusa.

Produrre un revival non è una decisione da prendere a cuor leggero.

Non lo è mai, e ancora meno deve esserlo quando la serie o il film di turno – insomma, quando il prodotto originario in questione – ha fatto la storia. Non credo di esagerare nel dire che questo è il caso di Sex and the City. Se pensiamo all’intrattenimento come lo viviamo oggi, al numero inquietante di serie che vengono prodotte ogni anno, alle infinite modalità di fruizione che abbiamo a disposizione e soprattutto alla libertà tematica, narrativa ed espressiva che viviamo, potrebbe sembrare un’affermazione un po’ forte. Ma se guardiamo il mondo con gli occhi e con le esperienze di racconto degli anni Novanta, Sex and the City è stata una vera e propria rivoluzione.

Credits: HBO

Il concept di base era molto semplice. Quattro donne sulla trentina (una addirittura, Samantha, sui quaranta) vivono la loro vita sentimentale – e sessuale, molto, molto sessuale – nel contesto di una New York ricca e patinata. Ma è il modo in cui questo concept è stato realizzato a fare la differenza. Le quattro donne in questione sono indipendenti, realizzate e disinibite. Non sono alla costante ricerca dell’amore della vita (o per lo meno, non solo), ma di una soddisfazione personale molto più ampia e complessa. Sono donne di successo, che parlano di sesso e lo fanno. Donne che vivono al di là dei ruoli e delle aspettative che la società ha confezionato per loro. Sono senza filtri, vivono il loro tempo e lo fanno in un momento in cui in TV non lo aveva ancora fatto nessuno.

Sex and the City è stato pionieristico, ma lo stesso non si può dire di And Just Like That.

Sex and the City ha aperto la strada a un nuovo modo di raccontare, più intimo e libero dai taboo. Girls, Fleabag e probabilmente neanche Sex Education non sarebbero mai esistite se prima Sex and the City non avesse parlato di sesso e relazioni in modo così aperto ed esplicito. A serie finita è stato questo il suo lascito: la possibilità di farlo ancora, di raccontare ancora così. Bastava questo, o per lo meno è bastato per una decina abbondante di anni. Questo fino a quando non è nata l’idea di raccontare le vite di Carrie, Charlotte e Miranda oggi, nel pieno della cinquantina. Questo, insomma, fino a quando Darren Star e compagnia non hanno deciso di dare vita a And Just Like That.

Credits: HBO

Produrre un revival, come dicevo, è sempre una scelta rischiosa. Ma ci sono revival e revival. Ci sono quelli che hanno effettivamente qualcosa da dire, che partono dai presupposti giusti o da un pubblico fremente, pronto a riceverli. E poi ci sono quelli un po’ forzati, che sembrano voler a tutti i costi aggiungere dei tasselli a una storia ormai chiusa, passata, non più attuale. Per dirla in un modo ancora più diretto: ci sono i revival che hanno senso di esistere e quelli che si configurano come nient’altro che delle operazioni nostalgia e/o operazioni puramente economiche. Ecco: se prima della messa in onda della prima stagione And Just Like That dava l’idea di appartenere alla seconda categoria, col senno di poi abbiamo avuto tutto il tempo di confermare il giudizio.

Il punto qui è essenzialmente uno: di And Just Like That non avevamo davvero bisogno, non ne sentivamo l’esigenza.

Il finale di Sex and the City e dei suoi film avevano già dato a noi spettatori tutte le risposte di cui avevamo bisogno. Sapevamo chi era la scelta definitiva di Carrie, sapevamo che si può vivere bene anche senza una relazione, sapevamo anche che non sempre la persona giusta per noi è dove la cerchiamo. A volte – anzi, molto spesso – è esattamente agli antipodi dei nostri canoni. Le nostre protagoniste ci avevano già fatto affrontare le relazioni tossiche e quelle sane, l’amore e il cancro, la maternità sorprendente e quella a lungo desiderata. Tutto era finito esattamente come doveva finire. Ma per dare inizio a And Just Like That, le carte dovevano necessariamente essere ribaltate.

E così è stato. Dopo aver passato una serie intera a seguire le avventure sentimentali di Carrie Bradshaw e dopo averla vista finalmente vivere la possibilità di stare con l’unico uomo che abbia mai voluto davvero, And Just Like That lo ha ucciso. Dopo aver fatto il tifo per Miranda e Steve, And Just Like That non ha reso giustizia né alla coppia né ai personaggi singolarmente. Certo, Miranda ha rappresentato un tema importante. Ma nella sua essenza tante, troppe volte non è stata Miranda.

Potrei andare avanti a lungo con l’elenco delle cose che in questo revival non sono andate.

Credits: HBO

Non lo farò, basti sapere che quando i presupposti sono quelli sbagliati, lo sviluppo non può andare molto meglio. Con questo non sto dicendo che And Just Like That non abbia tentato un cambio di passo dopo aver posto dei pilastri sbagliati. Lo ha fatto, più e più volte. Ha fatto uscire di scena il personaggio di Che, che credo nessuno dei fan abbia mai amato. Ha ricreato scene e situazioni che hanno omaggiato ciò che avevamo già amato in Sex and the City. Ci ha addirittura ridato per qualche secondo il meraviglioso volto di Samantha Jones, che in questi anni ci è mancata come l’aria. Ma lo ha fatto per i motivi sbagliati: per colpire la nostalgia più che l’attenzione, per dare uno scossone alla malinconia più che alla narrazione.

And Just Like That non è mai riuscita a parlare agli spettatori di oggi, non ha mai raccontato il presente con lungimiranza come aveva fatto la sua serie madre. Ha cercato di fare breccia nei nostri ricordi, riproponendo dinamiche che in passato avevano funzionato senza fare i conti con il fatto che lo spettatore del 2025 non è e non può più essere lo spettatore del 2000. Ha puntato alla nostra memoria ma non al nostro interesse. Il risultato è stata un’operazione di marketing teoricamente ineccepibile, ma praticamente inconsistente. Non ci siamo mai davvero appassionati a And Just Like That e dopo un tentativo, e poi un altro, e poi un altro ancora di farlo diventare una serie che avremmo davvero voluto vedere, Darren Star o chi per lui ha preso consapevolezza dell’errore e ha smesso di trovare soluzioni palliative.

Abbiamo detto addio a And Just Like That, e non ci ha fatto male.

Ma la cosa peggiore è che per noi fan di Sex and the City, quelli della prima ora e quelli che come me – per forza di cose, visti i miei attuali ventinove anni – l’hanno recuperata nel tempo, il finale delle nostre protagoniste continuerà a essere un altro, quello di vent’anni fa. E quando avrò bisogno di rimediare alla nostalgia, sarà a questo finale che tornerò: Carrie e Big a Parigi, pronti per una vita insieme.