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L’inizio ingannevole di questa puntata The Walking Dead 11×10 ci proietta immediatamente in un paragone inevitabile. L’idea che questa comunità Commonwealth abbia le stesse sembianze mascherate di un videogioco o di una “casa dei divertimenti” ci mette sull’attenti e da lì non ci sposta per tutta la durata dell’episodio. Nella massa festosa di gente apparentemente senza preoccupazioni noi ci muoviamo insieme a Daryl, fugace e in costante allerta, per capire con lui che cosa può significare quel posto e che valore possa avere per il nostro gruppo di sopravvissuti.
Al trentesimo giorno di permanenza i nostri protagonisti non sembrano totalmente a loro agio, ma neanche così preoccupati come lo erano stati in altri posti nelle scorse stagioni. Woodbury, Terminus e perfino Alexandria, all’inizio, avevano destato molti più sospetti e malcontento, tant’è che nel giro di pochi giorni, in tutti quei luoghi, erano venuti a galla gli inganni o le terribili falle del sistema organizzativo/governativo.
Qui, nel luogo dove il mondo sembra essere uguale a prima, esiste un sistema sanitario con liste di attesa, esiste un premio per una festa di Carnevale, esiste un telegiornale, esistono degli addestramenti, esiste qualcuno che dice “questo posto è come tutti gli altri”, ma esiste anche la verità. La verità è nascosta in piccole cose: nel malcontento degli “ultimi” o di chi ha perso la propria possibilità di mantenere la famiglia, nelle differenze di “ceto”, nei favori che si possono fare di nascosto, nel sorriso dei bambini che ammettono di voler restare lì. La verità è semplice e spiccia: “assomiglia a una città di prima“.
Il Commonwealth è governato da Pamela Milton, una donna di (vecchia) classe che ha tutta l’aria di una persona che è rimasta ancorata al vecchio mondo, alle feste della Casa Bianca, ai quadri vistosi e alle differenze marcate tra persone di serie A e persone di serie B.
Mentre i dubbi sulla reale qualità della vita nel Commonwealth si intensificano tra di noi e tra le righe dei nostri protagonisti, Magna incarna perfettamente la differenza tra chi sta provando ad adattarsi ma non ci riesce e chi ci sta riuscendo, ma forse solo per il bene dei propri figli. Rosita si preoccupa di trovare un’occupazione per Coco, così come Daryl si preoccupa di farlo per Judith e Rick Junior. Entrambi sarebbero disposti a rinunciare a tutte le cattive sensazioni che provano per far sì che quei bambini possano vivere l’esistenza giusta all’interno di quella città.
In questa puntata abbiamo a che fare con un Daryl sempre più riflessivo che concede a se stesso e agli altri il tempo per “capire di che cosa si tratta“. A testa alta si comporta come un buon compagno e un padre, distingue le persone e capisce fin dove può spingersi. Con Mercer che è un vero soldato come lui può parlare chiaro, con chi gioca a fare la guerra come Sebastian, invece, non vuole avere niente a che fare.
Il nostro arciere sta diventando sempre di più un personaggio di riferimento per il gruppo, una guida carismatica e presente su cui fare affidamento. In ultimo, quando si ritrova a indossare la divisa da poliziotto davanti allo specchio, il paragone con il nostro rimpianto Rick è inevitabile. Lì davanti a quell’immagine riflessa ci sono lui e Judith, una vera forza della natura. Ai tempi dell’arrivo ad Alexandria Daryl non sarebbe mai stato pronto per indossare una divisa vera e propria. Ora, forse anche per forza di cose, è consapevole del ruolo che ricopre e non è spaventato all’idea di adattarsi per sopravvivere ancora per le persone che ama.
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