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La sfortunata cittadina di Hawkins in Stranger Things ha di nuovo dovuto affrontare l’orrore del Sottosopra. Questa volta sono stati i russi a voler tramare contro l’America, durante gli ultimi anni della guerra fredda. È infatti nella manifestazione più tangibile del successo americano, il consumismo e il capitalismo (tema più volte affrontato nella serie), che si insinua il nemico, mimetizzandosi agli occhi dei cittadini.

Sarà infatti il nuovo centro commerciale, da poco aperto in città, la base sotterranea dei sovietici che tramano in segreto. Le forze russe cercheranno di aprire un varco in grado di ristabilire la connessione tra le due dimensioni e usare le diaboliche creature a loro piacimento. Non riusciranno ad aprirlo, tuttavia si formeranno delle crepe che contribuiranno a risvegliare una parte del mostro rimasto imprigionato nella nostra dimensione.

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La prima cosa che salta all’occhio è la volontà di mostrare dei protagonisti cresciuti, ormai pronti ad affrontare di nuovo la vita di tutti i giorni. Per i più adulti, ovvero Nancy, Billy, Jonathan e Steve, il faticoso e incerto primo passo nel mondo del lavoro. Per i più piccoli, vera punta di diamante in Stranger Things, l’inizio dell’adolescenza e, con essa, la sua manifestazione più grande: l’amore.

L’amore è ancora una volta uno dei capisaldi della serie tv.

L’amore per la propria famiglia e per i propri amici hanno caratterizzato le prime due stagioni. Qui ancora una volta si vuole sottolineare l’importanza e la spontaneità di un sentimento che accomuna tutti, dai più grandi ai più piccoli.

Questa volta è l’amore nel rapporto di coppia il tema principale. Le difficoltà di una relazione ormai duratura tra Nancy e Jonathan. Il trasporto senza freni di Mike e Eleven. Il timido e castrato desiderio di ricominciare di due genitori adulti, ma soprattutto la prima fiamma di Dustin, che ci ha regalato uno dei momenti più belli e probabilmente iconici dell’intera serie tv.

Stranger Things

Will e Dustin in Stranger Things si sentono emarginati. Il gruppo di ragazzini che uniti hanno affrontato la minaccia più grande, ora sono a un bivio. Il mondo adulto si scontra ferocemente con l’infanzia, creando un limbo in cui i protagonisti prendono strade diverse. Tuttavia alla fine la loro fratellanza trionferà di nuovo infliggendo un altro duro colpo al Sottosopra.

A pagarne le spese sono tanti innocenti cittadini di Hawkins, ma soprattutto Billy, il fratello apparentemente presuntuoso e menefreghista di Max. Se nella seconda stagione il suo personaggio ci era stato solo presentato, qui assume un ruolo portante, di fatto il vero villain di tutta la terza stagione. Con questo pretesto narrativo scopriamo anche di più sulla sua vita e sul suo carattere, (soprattutto nell’episodio numero 6) e in lui troviamo un profondo oceano di segreti e ricordi dolorosi.

Questa terza stagione di Stranger Things a livello registico presenta senza dubbio delle novità.

La componente comica così come il raccapricciante e la percezione di inquietudine, in particolare per ciò che riguarda il Sottosopra, sono nettamente aumentati rispetto alle stagioni precedenti. Le emozioni giocano ancora un ruolo importante, forse addirittura superiore alla prima stagione. La lettera di Hopper a Eleven o la chiamata radiofonica tra Dustin e Suzie sono solo i due momenti più intensi di un coacervo di piccoli dialoghi e musiche sparsi in ogni episodio. Piccoli momenti in grado di emozionare. In grado di farci piangere o sorridere.

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Tuttavia rimane una ripetizione a tratti fastidiosa e ridondante degli eventi, con scelte narrative poco credibili e tendenti all’inverosimile come mai prima d’ora in Stranger Things. La minaccia del Sottosopra sembra ripetersi come una fotocopiatrice a ogni stagione, riproponendo lo stesso villain all’infinito con l’uso di plot twist conclusivi e ormai non più inaspettati. La minaccia dei russi come antagonisti è un buona scelta. Tuttavia è meno apprezzabile il modo caricaturale in cui sono stati descritti. Una sceneggiatura in cui i sovietici sono rappresentati come degli sprovveduti e anche leggermente stupidi.

Alle luce di queste premesse c’è da chiedersi se Stranger Things sia arrivato al suo capolinea o se ancora abbia qualcosa da raccontare.

La scena post-credit non lascia spazio a molte interpretazioni, se non per ciò che riguarda la presunta morte di Hopper. Per il resto abbiamo di nuovo un cucciolo di Demogorgone in mano ai russi, pronto per essere usato ancora, con molte probabilità, contro i nostri protagonisti. Una Neverending story di una serie tv che sarebbe apprezzabile avesse una fine, soprattutto con una terza stagione così ben fatta e che chiude il percorso evolutivo di ogni personaggio.

Il citazionismo anni ’80, uno dei punti cardine che hanno fatto presa sul pubblico, comincia ad annoiare. Non bastano Magnum PI, Terminator e neanche la bellissima colonna sonora di un film immortale nei ricordi di tanti giovani adulti. Non più dopo tre stagioni. Ora c’è bisogno nuovamente di originalità e colpi di scena. Probabilmente di un cambio di rotta coraggioso degli sceneggiatori.

Il coraggio di osare e regalare una storia nuova. Un racconto che non rischi di diventare un semplice intrattenimento riciclato ma che tenga alto il nome di Stranger Things. Un nome che ancora oggi, dopo tre anni e questa coinvolgente terza stagione, ci emoziona.

E allora incrociamo le dita e speriamo che questo finale di stagione sia il punto di svolta per un cambio di rotta che possa innalzare la serie tv ad un livello superiore.

Perché ad ora, con una terza stagione non conclusiva, la quale tiene pericolosamente in bilico lo show, la domanda sorge spontanea: Stranger Things ha dato tutto?

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