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La classifica delle 10 migliori Serie Tv europee nella storia

Chi dice che le serie tv migliori sono americane? Ecco alcuni dei più grandi show made in Europa. Capolavori del genere comedy, drama apprezzatissimi in tutto il mondo, gialli e mistery tra i più visti su Netflix senza dimenticare prodotti sci-fi, period drama, serie storiche e chi più ne ha più ne metta. Non può mancare naturalmente Peaky Blinders, una vera e propria eccellenza europea. E molte altre sono le serie inglesi che dominano questa classifica ma non sfigura l’Italia e neanche la Germania con show di livello assoluto. Esclusa la Spagna, nonostante il successo con La Casa de Papel che, però, deve cedere il passo a ben altri gioielli. Pronti a scoprirli tutti? E a vedere dove si colloca Peaky Blinders? Partiamo!

10) The Office (UK)

Peaky Blinders

Serie britannica da cui si è tratto spunto per il famosissimo remake americano, The Office è una delle migliori comedy di sempre, e si contende lo scettro di migliore mai prodotta in Europa con gioielli come The IT Crowd e Boris. Creatore è il geniale Ricky Gervais che si conferma comico dalla profondità impareggiabile. Al pari di suoi lavori più recenti (come quel tesoro nascosto di After Life, ne parliamo qui) The Office non fa solo ridere ma è un’indagine sociale e umana carica di sarcasmo e sguardo disincantato.

Protagonista è Tim (un fantastico Martin Freeman), un giovane intelligente ma incapace di dare una sferzata alla sua vita, bloccato in un noioso lavoro in un ufficio che si occupa di distribuzione della carta. A fargli compagnia il pomposo capo David Brent (proprio Ricky Gervais): inetto e narcisista, incarna a pieno lo stereotipo del dirigente incapace e paternalista, a tratti misogino, razzista e sessista.

Tutto attorno una sfilza di personaggi irresistibili come Gareth, arrogante e ingiustamente sicuro di sé. A dare un sollievo in questa cloaca di idiozia e mediocrità la bella Dawn, la segretaria con cui Tim gigioneggia spesso e volentieri alleggerendo le pesanti giornate lavorative a suon di scherzi. The Office UK è un microcosmo della quotidianità, a tratti asfissiante e fastidioso ma incredibilmente reale.

Gervais, come solo lui sa fare, riesce a esasperare i difetti di tutti restituendo tridimensionalità ai personaggi ma nel contempo portandoli sul patibolo, messi a nudo nelle loro meschinità e nelle menzogne che raccontano a se stessi. Il risultato è non solo esilarante ma anche incredibilmente realistico. Quasi totalmente girata dentro un ufficio, la serie riesce a non risultare mai banale, mai ripetitiva e anzi appassionante. La forza sta proprio nei dialoghi, nell’espressiva caratterizzazione di ogni protagonista, nella maschera grottesca che indossa e dietro cui nasconde fragilità e mancanze. Un capolavoro comico da non perdere.

9) Black Mirror

Black Mirror

La serie che ha conquistato mezzo mondo fino ad essere acquisita da Netflix è uno degli esempi meglio realizzati di distopia nelle serie tv. Il futuro messo in scena in Black Mirror non è qualcosa di distante e fantasioso ma estremamente prossimo alla nostra realtà. Ad essere esasperati sono problemi e ipocrisie del nostro mondo che, come lo specchio rifratto della copertina della serie, produce distorsioni e mostri.

Così, le prime due meravigliose stagioni indagano a fondo il peso della reputazione sociale, il prezzo da pagare per il successo, il trionfo dei populismi, la solitudine dell’uomo moderno. Il tutto attraverso il filtro della tecnologia che esalta le brutture, allontana le persone, ne esaspera le perversioni. Oggetto della critica non è tanto lo sviluppo tecnologico ma proprio l’uomo, la sua incapacità di essere padrone della tecnica. La sconfitta è umana: il virtuale diventa un placebo, uno strumento incontrollato per annegare i dolori, un rimpiazzo di affetti, un mezzo per soddisfare piaceri.

Il passaggio a Netflix ha regalato ancora qualche gioiello come San Junipero (qui trovate la spiegazione del finale distopico spesso non compreso) e Zitto e balla. La quarta e quinta stagione hanno destato, invece, maggiori perplessità per una certa ripetitività e una critica meno focalizzata ma al netto di tutto Black Mirror continua a rappresentare un’eccellenza.

Prodotta originariamente dal britannico Channel 4, è opera della mente di Charlie Brooker, sempre attento, fin dagli esordi come articolista, recensore e curatore di rubriche, a provocare e mettere in luce le discrasie della realtà. Black Mirror è una serie antologica a episodi indipendenti che riesce a spaziare come poche dalla critica alla società ai problemi esistenziali dell’uomo.

8) The Young Pope

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Visionario, onirico, aulico: Paolo Sorrentino è il regista più geniale dei nostri tempi. Dopo il successo globale con La Grande Bellezza, solo ultima di una serie di grandi opere cinematografiche, l’esperimento in tv con The Young Pope ha confermato, se ce ne fosse bisogno, la sua straordinaria qualità registica.

La vicenda di Lenny Belardo, giovane e aitante papa appena eletto (un Jude Law in stato di grazia) si mescola con il suo passato e le difficoltà nel gestire la curia romana. Sorrentino tratteggia un papa straordinario capace di unire il senso più pieno e profondo di pietà e amore cristiano con l’intransigenza e il bigottismo dogmatico. Il risultato è un personaggio unico, contraddittorio, scisso e incerto. A tratti santo, a tratti uomo comune, Lenny porta su di sé il peso dell’abbandono, genitori di cui serba solo un vago, per quanto “santo” ricordo.

Una serie irriverente, dissacrante, volutamente macchiettistica in alcune figure come quella del potente Cardinal Voiello, tifoso napoletano con le mani in pasta negli affari del Vaticano. Ma ogni figura, dalla più delicata alla più grottesca condivide il peso dell’essere uomini, della fallibilità, delle incertezze come pure la forza della bontà e dell’affetto.

The Young Pope è una serie che va assaporata con gli occhi, nella bellezza eterea delle immagini, nel lirismo dei colori, nella profondità dei dialoghi. Un capolavoro seriale che tutto il mondo ci invidia. Apprezzatissima dagli americani, ha ricevuto consensi trasversali confermando Sorrentino come eccellenza nostrana senza paragoni. Di recente la serie ha avuto anche un’ulteriore stagione, The New Pope, ugualmente dissacrante ma, forse, non altrettanto folgorante.

7) Doctor Who

doctor who

Altro prodotto targato BBC come Peaky Blinders, Doctor Who non è solo una delle serie più longeve della televisione ma un vero e proprio universo fatto di film, spin off, fumetti, parodie. Un successo senza tempo e forse senza confronto che accomuna generazioni diversissime. Dalla serie classica degli anni ’60 si è passati alla nuova serie nel 2005 con un lavoro di recupero e restyling eccezionale che non ha compromesso l’iconicità originaria. Merito dello sceneggiatore Russell Davies e soprattutto di Steven Moffat (che rivedremo ancora in questa classifica).

La forza della serie non è tanto nel genere sci-fi quanto nel modo assolutamente originale di sviluppare le vicende. Sulla scia di Star Trek, Doctor Who riesce ad arricchire il racconto di una profondità unica che va oltre l’intreccio e si sofferma sulla caratterizzazione dei personaggi, sulle psicologie e su temi esistenziali come lo scorrere del tempo, il rimorso, il sacrificio d’amore. Ogni episodio riesce con sfumature diverse, ora horror, ora quasi comiche, romantiche e grottesche a restituire spunti di riflessione sempre nuovi.

Irresistibili d’altronde i personaggi che ne costellano l’universo e accompagnano (e contrastano, soprattutto) il Dottore, un alieno Signore del Tempo, nel suo proposito di salvare l’universo e la Terra in particolare. Eccezionali sono anche gli interpreti che via via si sono succeduti nell’interpretazione del Dottore (che si rigenera cambiando aspetto) e hanno dato di volta in volta un’originalità nuova al protagonista.

Doctor Who si guadagna un posto d’onore in questa classifica per iconicità, intreccio, attenzione psicologica e messaggio morale. Un magnifico prodotto, ancora una volta made in Britain, che non smette di conquistare il pubblico di ogni età.

6) Fleabag

Peaky Blinders

Irriverente, smaliziata, indipendente e terribilmente fragile: tutto questo e molto di più è Fleabag, protagonista dell’omonima serie. Phoebe Waller-Bridge è interprete e creatrice di uno show dall’originalità unica che diverte con un’ironia senza peli sulla lingua ai limiti del blasfemo. One-woman-show la Waller-Bridge domina la scena con una presenza scenica invidiabile e con un racconto dalla rara lucidità descrittiva. Non c’è solo black humor, infatti, nella vita di Fleabag ma anche e soprattutto una difficoltà nello stare al mondo che si nasconde dietro il nichilismo.

Fleabag è una giovane donne alle prese con una vita in precario equilibrio, incapace di trovare il suo posto nel mondo. Si barcamena tra relazioni in cui non si dà mai a pieno e attraverso cui cerca di allontanare il peso dell’esistenza. Nel corso della serie si assiste a una progressiva scoperta del suo passato, dei tragici errori, di tutti quei tarli mentali e nevrosi pronte ad affiorare e ad attanagliarla. Non è, insomma, una comedy come vi aspettereste: si ride ma c’è sempre quel “sentimento del contrario”, come lo definiva Pirandello, che ci fa riflettere sul motivo umoristico. Ne esce così un sorriso amaro, lo stesso che condivide anche la protagonista.

Prodotta, come Peaky Blinders dalla BBC (ma in collaborazione con Amazon), Fleabag è l’ennesima serie britannica di questa lista, capace di vincere undici Emmy e portare a casa anche due Golden Globe. Un gioiello impareggiabile da recuperare su Amazon Prime Video

5) Dark

Il prodotto più recente di questa lista. Dark è un successo Netflix tra i più luminosi. Si è imposto in tutto il mondo con consensi senza pari alimentando un tam tam mediatico eccezionale. Una serie tutta tedesca in cui spiccano gli attori, in prove recitative di grande livello, a conferma di una qualità seriale che la Germania può vantare a pieno titolo grazie a show quali Come vendere droga online (in fretta), Freud e Dogs of Berlin.

La storia è ambientata nella piccola cittadina di Winden, dove segreti e intrecci amorosi si accavallano senza sosta sotto una parvenza di tranquillità. Si spazia su varie dimensioni temporali con diversi personaggi a occupare le epoche e a infittire la trama. Si finisce così per scoprire gradualmente la storia di ognuno di loro nel tempo, dalle origini fino e oltre l’attualità.

A mettere in moto gli eventi una misteriosa scomparsa che porterà il protagonista Jonas a disvelare gradualmente una fitta rete di misteri. Eccezionale la costruzione della trama, curata in ogni sua parte e che trova piena e degna conclusione nel finale (qui la spiegazione), eccellente anche la regia e la sceneggiatura che si sofferma spesso e volentieri su spunti esistenziali e colto citazionismo a conferma della radicata tradizione filosofica e filologica tedesca.

Un mistery che conquista in ogni suo risvolto e tiene incollati allo schermo nella costante consapevolezza di non sapere mai cosa accadrà. Dark, nonostante la recente conclusione, è già pronta a entrare nell’olimpo dei cult seriali.

4) Sherlock

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Non poteva esserci cosa più difficile che trasporre in tv e nella nostra epoca il capolavoro di Arthur Conan Doyle. Eppure, l’accoppiata di sceneggiatori Moffat – Gatiss è riuscita nell’impossibile. Merito sicuramente di un interprete senza paragoni: Benedict Cumberbatch è lo Sherlock perfetto nel suo nobile portamento, negli occhi di ghiaccio, nella dizione impeccabile. L’attore riesce a rendere con una inarrivabile teatralità il personaggio che interpreta restituendogli perfino sfumature nuove. Sferzante, arguto, vanitoso, permaloso lo Sherlock di Cumberbatch è l’antieroe per eccellenza della modernità, l’anticonformista che sfugge alle regole della società e si impone grazie alla sua genialità.

Ma il merito del successo non è solo nell’interprete. La serie riesce a restituire pienamente le eccitanti atmosfere descritte dal maestro del giallo e l’attualizzazione delle vicende rendono ancor più affascinante e vicina allo spettatore la trama. Nonostante qualche passo falso nel finale, Sherlock non può che essere annoverata tra le migliori serie europee di sempre.

Watson (ancora un gigantesco Martin Freeman) è reso come un uomo comune e in lui si rispecchiano i dubbi, anche morali, dello spettatore. Freeman restituisce con abilità questa apparente mediocrità permettendo di esaltare ulteriormente la figura di Sherlock. L’affiatamento è perfetto, il contrasto tra i due reso in maniera sublime.

Ma non si può non menzionare anche un altro gradioso interprete, cioè Andrew Scott nei panni del villain Moriarty. Una figura irresistibile, iconica, uno dei cattivi della televisione meglio tratteggiati di sempre. Psicopatico, narcisista ed esibizionista contrasta con la sua gestualità dirompente l’algido contegno di Sherlock.

L’adattamente moderno è reso anche e soprattutto nelle psicologie dei personaggi, costantemente alle prese con i tormenti odierni, nevrotici, narcisisti uomini con traumi irrisolti. L’inteccio si affianca e diventa quasi contorno davanti a queste psicologie, davanti al fascino senza tempo della personalità di Holmes. Prodotto britannico, Sherlock ha ricevuto un numero strabiliante di nomination agli Emmy, senza, però, mai giungere a premio.

3) The Crown

Tra le serie storiche rappresenta un’eccellenza senza confronti. Apprezzatissima dalla stessa regina, The Crown ripercorre le vicende di Elisabetta II dagli anni Quaranta, momento del matrimonio con Filippo. Pur attentissima all’aderenza storica, non è soltanto nelle vicende ufficiali che la serie trova le sue fortune. Grande e principale merito sta nell’attenzione agli aspetti personali e più intimi.

Ne scaturisce una figura dal fascino senza tempo. La graduale ma inesorabile rinuncia alla sua individualità porta Elisabetta a identificarsi sempre più con il ruolo che ricopre. Per quel ruolo mette da parte fragilità, desideri, affetti. Le magnifiche prove attoriali di Claire Foy prima e di Olivia Colman, poi, riescono a rendere i due volti della regnante, quello ufficiale e quello più personale.

E dai dettagli che emerge questa seconda natura: dai sussulti improvvisi, dalla preoccupazione celata ai sudditi, dagli occhi carichi di vitalità e nel contempo tristezza. La scenografia, che spazia in ambienti tanto vasti e sontuosi quanto inanimati, inquadra alla perfezione la solitudine umana di Elisabetta. Una lontananza dal mondo e dagli affetti che è il prezzo che la regina è chiamata a pagare, la rinuncia che la corona le chiede.

The Crown, prima ancora che una serie storica, è un affresco che ritrae con pennellate violente l’immagine più profonda di Elisabetta, di una donna e dei suoi obblighi, dei suoi sogni e delle rinunce. Un magnifico quadro che non smette mai di conquistarci e toccarci nel vivo.

2) Gomorra

gomorra
gomorra

Un’epopea contemporanea, uno squarcio vivido sulla realtà del nostro tempo. Gomorra restituisce in ogni sua parte, nelle musiche, nelle atmosfere, nella mimica dei protagonisti, l’essenza di ciò che vuole rappresentare. Una messa in scena incredibilmente realistica per quanto anche cruda e a tratti capace di assumere connotati epici. Gli antieroi dominano in lungo e largo, la loro scalata al potere, la distorta mentalità che ne alimenta le aspirazioni ma anche la vicinanza rispetto alle nostre scelte, con quelle giustificazioni che spesso finiamo per darci anche noi.

Gomorra è davvero un poema umano che non teme di scendere nei bassifondi morali, di sporcarsi con la brutale concretezza di alcune scelte di vita. E come in ogni poema a dominare sono i personaggi, quel cast scelto con cura maniacale e senza nomi altisonanti ma che si è rivelato perfetto in ogni sua parte. La serie si trasforma in un dramma corale in cui non c’è più recitazione e tutto è nel contempo recitazione: non recitano più gli attori ma rivestono una parte i personaggi, quasi costretti nei loro ruoli che non possono ammettere debolezze.

Ha qualcosa di archetipico Gomorra, un’universalità che ti entra dentro, un’immediatezza espressiva (ben rimarcata nel dialetto) che non dimentichi più. Questa forza della serie le ha permesso di imporsi ovunque nel mondo scomodando paragoni illustri con The Wire e Quei bravi ragazzi. Un successo globale strameritato per uno dei gioielli più luminosi della serialità italiana.

1) Peaky Blinders

Peaky Blinders

Una delle migliori serie nel panorama mondiale. Peaky Blinders riesce a unire una trama avvincente a un racconto personale, intimo e oscuro. Cillian Murphy nella parte di Tommy Shelby si esalta e conquista anche i più scettici. Recitazione mostruosa per un personaggio dalla stupenda caratterizzazione. Il suo passato, l’esperienza disumana della prima guerra mondiale che continua a tormentarlo si mescolano con il presente, con una realtà che gli impone di essere leader e modello per la sua famiglia.

La sua sublime intelligenza, l’umanità celata sotto la scorza da criminale, l’amore che sa di non meritare e che rincorrerà inutilmente. Tutto questo è Thomas Shelby e Peaky Blinders. Uno show che riesce a fondere le industriali atmosfere della Birmingham del primo dopoguerra con musica rock e immagini dall’etereo simbolismo. Le vicende della banda criminale diventano solo un magnifico espediente per mettere in moto l’azione, per vedere all’opera il suo interprete più grande.

Al pari di Jax Teller in Sons of Anarchy, Tommy in Peaky Blinders è un antieroe costantemente scisso tra la volontà di affermarsi e il desiderio di una vita felice. Ma dentro di lui c’è un vuoto incolmabile: la sua anima è stata intaccata per sempre. E così Thomas rimane inghiottito nei bassifondi della sua città, tra il fumo delle ciminiere e il degrado imperante nelle strade. Macchiato indelebilmente, la sua è una discesa continua, una disperante caduta nel vuoto. Incapace di godere della tranquillità, “fare” per lui significa sottrarsi al peso opprimente dei suoi pensieri, delle colpe e dei traumi che lo tormentano.

Peaky Blinders è un capolavoro sotto ogni punto di vista grazie a interpreti eccellenti, una fotografia abbacinante, una trama avvolgente e un protagonista senza eguali. In trepidante attesa della sesta stagione (qui tutte le informazioni) non possiamo che godere di un bel rewatch per ricordarci, se ce ne fosse bisogno, del perché Peaky Blinders è la migliore serie europea in circolazione.

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