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7 serie animate che ho visto da piccola nonostante non fossero minimamente adatte a una bambina

Ve li ricordate i cartoni di quando eravamo ragazzini, quando non c’era l’Internet, l’euro e questi cellulari? Direbbe Valerio Lundini. Quelli sì che erano cartoni animati veri. Belle storie intense ed educative. C’era l’orfanella Heidi, che ci straziava il cuore. Sanpei, che pescava sciagure in fiumi di tristezza, e Remi con il suo rapporto morboso con la scimmietta. Serie tv animate che hanno svezzato più di una generazione. Create dagli adulti per veicolare dei messaggi terribili, che avrebbero traumatizzato milioni di fanciulli e fanciulle. Sebbene i livelli di noia che irroravano i nostri pomeriggi fossero alti, si trattava comunque e senza equivoci di cartoni ideati per un pubblico di piccoli divoratori seriali. In mezzo a questo crogiuolo di storie strappalacrime, però, ce ne erano diverse che non nascevano per intrattenere un bambino, eppure finivano dritte dritte in fascia protetta. Il concetto di serialità animata per adulti c’era, ma spesso veniva considerato con criteri diversi dagli attuali.

Oggi nessuno si sognerebbe di piazzare nella fascia dedicata ai bambini delle serie animate come BoJack Horseman o Archer. Negli anni ’90, invece, tutto ciò era possibile. Magari per alcune emittenti “animato e colorato” era sinonimo di programma “per bambini”. Ad ogni modo, di pomeriggio, sono arrivati dei prodotti per niente adatti all’infanzia. I Griffin, ad esempio (ancor più de I Simpson). Li abbiamo amati, ma non possiamo dire che le avventure della famiglia fossero adatte a un bambino, tantomeno a una persona in preda ai dissidi pre-adolescenziali. “Eh, ma che esagerazione! Eppure siamo cresciuti benissimo”: ne siete davvero sicuri?

Nel 1985 l’impresa discografica adottava il Parental Advisory: quell’adesivo bianco e nero che attirava la nostra curiosità infantile con la promessa di farci sgraffignare dei “contenuti da grandi”. In tv, invece, c’era un bollino che si colorava di giallo, di rosso o di verde a seconda dei contenuti più o meno adatti al molle cervello prepuberale. La Legge 30.05.1995 n. 203 stabiliva infatti il divieto di trasmettere, durante la fascia oraria 7:00-23:30, opere che contenessero immagini di sesso o di violenza tali da poter incidere negativamente sulla sensibilità dei minori. Le fasce orarie erano dunque uno strumento utile per orientarci sulla legittimità della trasmissione. Il pomeriggio era, ed è ancora, dei bambini. Solamente dopo le 23:30 si può dare sfogo alle fantasie più torbide. Ed è proprio in tarda notte che Italia 1 iniziò a trasmettere South Park. Lo stesso anno in cui, di giorno, arrivò il nostro amatissimo Family Guy.

I Griffin (2000, Italia 1)

Nel 2000, su Mediaset, facevano il loro ingresso nella fascia pomeridiana Peter, Brian Griffin &co. Se South Park è stato schedulato nella fascia oraria per adulti perché la serie di Seth MacFarlane non ha ricevuto lo stesso trattamento? Chissà! Quanto a linguaggio e a argomenti siamo più o meno sullo stesso livello di disfunzionalità. Sarà stato per il sostantivo “Family” nel titolo? Per nostra fortuna, grazie alla distrazione di qualche direttore di rete, noi, il popolo dei fanciulli seriali, abbiamo potuto godere dell’umorismo nero e surreale di una cartone che non è assolutamente adatto ai bambini né ai preadolescenti; diciamo che un +16 anni è più che dignitoso. A trarre in inganno gli adulti saranno state forse le tenere sembianze di Stewie? La dolcezza di un nonnetto bontempone come Herbert oppure l’affidabilità di un vicino di casa come Glenn Quagmire? Ad ogni modo I Griffin è rimasta là, su Italia 1, a intrattenerci nella fascia pomeridiana, in barba all’unione dei genitori e alle associazioni religiose che urlavano sconcertate: “Qualcuno pensi ai bambini”. La fascia oraria serale sarebbe stata più opportuna.

Duckman (2001, Italia 1)

A pensarci bene, non è questo il punto? Parcheggiare. Guidare. Mangiare e fare shopping e vivere?! Da qualche parte e in qualche modo, tutti quanti sono stati masticati e sputati fuori. Non sanno più come vivere. Io resterò solo a guardare lo sfrenato frullatore che è questo mondo. Ogni giorno è un calvario agonizzante, come tenere in equilibrio una pentola di acqua bollente sulla propria testa mentre le persone ti frustano le gambe e il c**o – non dimenticarti mai il ballo di fine anno… Pensate che io sia malato? Beh, l’unica malattia che ho si chiama “vita moderna”. Un comodo guanto di sfida all’inefficienza e alla miseria che però è solo un lungo su e giù di delusioni, abbattimenti, spari, esaurimenti [altri farfugliamenti]. Sopravvivere ogni giorno è divertente quanto guardare una Pontiac andare a fuoco (eccetera, eccetera, eccetera).

Ecco, questa roba è andata in onda, per un evidente sbaglio, nella fascia protetta per qualche manciata di settimane. Nel tepore tiepido di quell’intervallo temporale che seguiva la scuola e precedeva i compiti, qualche fortunato di noi ha avuto il privilegio di imbattersi in Eric Duckman. Se lo avete perso, avete l’obbligo morale di recuperarlo or ora (sempre se avete più di 16 anni). Una sitcom animata per adulti prodotta dal 1994 al 1997, creata da Everett Peck e doppiata in lingua originale da Jason Alexander. Un diamante grezzo, sofisticato e nichilista. Una Bojack Horseman degli anni ’90 in versione ornitologa che colmerà il vuoto lasciato dalla star di Horsin’ Around.

Ranma ½ (1995, tv locali)

Ranma 1/2

Prima di arrivare su MTV in versione integrale, l’anime tratto dal maga shōnen di Rumiko Takahashi ha fatto la sua comparsa nel 1995 nel pomeriggio dei ragazzi su diverse televisioni locali. Tra cui Telemontecarlo, all’interno del contenitore Zap Zap, Antenna 3 o TeleBari. Anche qui, i disegnini morbidosi hanno ingannato qualcuno. Siamo tutti d’accordo che l’educazione sessuale sia una materia sempre più necessaria nelle scuole. Ma Ranma ½, senza una dovuta preparazione, non è il modo migliore per introdurre l’argomento. Tra “la cicogna che porta i bambini” e i frequenti bagni di Shampoo c’è un vuoto abissale che andrebbe prima colmato. Ranma, che significa guarda caso “confusione”, è ricco di ambiguità e di doppi sensi inafferrabili per una mente giovanissima. E questo non è né il primo né l’unico manga trasposto in versione animata a essere arrivato sui teleschermi italiani; sebbene con le dovute censure del caso. Nel secolo scorso, in occidente, l’equivoco nasceva spesso, portando a ritenere qualunque cartone animato un intrattenimento adatto ai bambini.

C’era una volta… Pollon (1982, Italia 1)

Pollon

Un altro anime della Fuji TV che è arrivato su Mediaset nella fascia oraria per bambini nonostante la sua ambiguità di fondo. C’era una volta… Pollon non raggiunge i livelli de I Griffin né di Duckman, ma definirlo un intrattenimento per bambini, sebbene non sia sbagliato, è riduttivo. Il “talco” della filastrocca “sembra talco ma non è” ci sembrava solo dell’innocente “talco”. Eppure il cartone è pervaso da doppi sensi e messaggi equivoci. L’anime è brillante e sfoggia un umorismo esilarante. Ha reso la mitologia più divertente, parodiando – fino a sfociare nella satira – le divinità dell’Olimpo. La presenza di anacronismi e di rivisitazioni in chiave nipponica però sono fuorvianti per un fanciullo. C’era una volta…Pollon ha un retrogusto tragicomico e non è mosso da alcuna finalità educativa. Certo, le canzoncine e le filastrocche appassionano anche i più piccoli, da “sono Apollo e mi trastullo, vado a zonzo e faccio il bullo” a “Rosse, bionde e more. Amo le donne di ogni fattezza, purché siano di una gran bellezza”. Tuttavia quello che abbiamo visto in tv negli anni ’80 e ’90 era solo una versione censurata. Quella integrale, che andrebbe recuperata, è una serie fantastica, surreale e perfino commovente. Sebbene possa essere vista anche dai più piccoli, C’era una volta… Pollon può essere goduta al massimo della sua irriverenza solo da grandi.

La principessa Zaffiro (1980, tv locali)

La principessa Zaffiro

Tutti conoscono Zaffiro, ma pochissimi ricordano di cosa parlasse l’anime, una serie con una sensibilità più attuale di quanto sembrasse. Se mai dovesse capitarvi una giornata in cui sentite una spasmodica curiosità di rivangare i ricordi dell’infanzia, buttatevi pure a capofitto in un rewatch impavido de La principessa Zaffiro. Un cartone animato che è approdato sulle televisioni locali a partire dagli anni ’80 certamente per un fraintendimento. Qualcuno deve aver confuso la vicenda di Zaffiro con una storiella leggera per bambine, dove la protagonista è “un simpatico maschiaccio”. Nulla di più sbagliato. La prima reazione che avrete, scommettiamo, sarà “ma come ho fatto a dimenticare tutto ciò?!”. Seguita da un intervallarsi di scene fraintendibili e difficili da comprendere perfino per un adulto. Zaffiro è una storia complessa, magnifica e raffinata, che sembra essere stata scritta al giorno d’oggi, nonostante sia stata concepita nel 1953. Per le tematiche affrontate, di cui abbiamo parlato qui, e una narrazione che fa delle sfumature e dei sottotesti la sua cifra stilistica, la serie animata tratta dal manga di Osamu Tezuka non è adatta a un pubblico immaturo e influenzabile.

Il dr. Slump e Arale – What a Mess Slump e Arale (1983, Rete 4)

Dottor Slump & Arale i griffin

Alzate la mano se conoscete una serie animata, spacciata per bambini, più folle e demenziale di Dr. Slump e Arale. E fatelo immediatamente, perché siamo curiosi. Il manga di Akira Toriyama è stato trasposto in versione animata per Fuji TV ed è arrivato rivisitato in occidente con alcuni cambiamenti significativi. In Italia è stato trasmesso a partire dagli anni ’80 da Mediaset, nel pomeriggio dedicato alla messa in onda dei cartoni per bambini. Un successo esplosivo, come la sua protagonista, accompagnato – negli anni ’90 – dalla sigla cantata dalla Cristina nazionale. Ecco, Arale è una serie animata fantastica, ma definirla l’intrattenimento ideale per bambini è a dir poco un azzardato. I livelli di demenzialità e oscenità – che abbiamo adorato, in piedi, davanti alla tv, in estasi – a pensarci ora, sono eccessivi per una mente influenzabile. Un complesso reticolato di assurdità, allusioni e doppi sensi, dominato da pulsioni infantili e irrazionali di personaggi idioti, pestiferi e socialmente disfunzionali. Uno spettacolo spettacolare insomma, ma da gustare dopo aver compiuto 16 anni.

Gigi la trottola (1983, EuroTV)

Gigi la trottola i griffin

Gigi la trottola non poteva mancare nella lista dei cartoni animati che, come I Griffin, non sono adatti a un bambino. Eppure – indisturbati – lo abbiamo divorato lo stesso. Così abbiamo guardato le avventure di Gigi, un personaggio che alzava le gonne e commetteva altri gesti deprecabili. Kappei Sakamoto – per gli italiani: Gigi Sullivan – è un 15enne egocentrico, indisciplinato e (lo dice Wikipedia!) pervertito. L’anime racconta una storia che non è assolutamente adatta a un bambino o una bambina, i quali sono troppo impegnati a crescere per rendersi conto che le azioni del nanerottolo e dei suoi compagni sono sbagliate e non vanno replicate. Gigi la trottola è un cartone pervaso da una demenzialità inarrivabile, un umorismo parodistico e tante citazioni. È totalmente fuori dagli schemi, eppure basta un solo episodio per capire che sicuramente non è adatto ai bambini.

Tutti i cartoni animati citati li abbiamo divorati da piccoli, ma questo non significa che fossero adatti alla nostra tenera e influenzabile mente.

Sebbene alcuni di loro ci abbiano fatto ridere a crepapelle, serie animate come alcune di quelle citate ci hanno esposti prematuramente a tematiche controverse per le quali non eravamo stati preparati. Allusioni sessuali, messaggi fraintendibili, violenza gratuita e chili di parolacce. La lista purtroppo sarebbe lunga perché, a quanto pare, in passato la serialità animata generava diversi fraintendimenti tra gli adulti. Oggi sappiamo bene che un cartone animato non è a prescindere un contenuto per bambini. All’epoca evidentemente no.

“Sì, ma siamo cresciuti bene lo stesso”. Ripetiamolo ancora una volta: ne siamo davvero sicuri?

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