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Abbiamo bisogno di una quinta stagione di Boris?

Prima abbiamo sognato, poi ci siamo preoccupati che potesse essere la solita minestra riscaldata che, in ambito serie tv, non piace quasi mai a nessuno. Alla fine, però, ce l’abbiamo fatta davvero. Sembrava impensabile ma la quarta stagione di Boris ha rispettato le aspettative dei più e ci ha riportato indietro nel tempo per prendere per mano il passato e proiettarlo ad oggi nel miglior modo possibile. A conti fatti però, passato l’entusiasmo, bisogna cominciare a pensare al futuro, perché dopo un quarto capitolo del genere chi è che si vuole fermare? Mettiamo da parte l’orgoglio e ragioniamo sul perché non abbiamo alcun bisogno di una quinta stagione di Boris.

Boris 5: facciamolo. De botto, senza senso

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Perché farebbe bene a tutti una quinta stagione di Boris? Innanzitutto, partiamo dal cast, che ha dimostrato una coesione davvero eccelsa nonostante siano passati tantissimi anni dall’ultimo capitolo della fuoriserie italiana. Ritrovare tutti in un commovente saluto è stato triste, ma al contempo gli attori di Boris hanno dimostrato di averne ancora davvero tanta di passione per questo progetto. C’erano proprio tutti, c’erano pure Itala e Mattia Torre, e questo ci fa capire di come Boris non sia una semplice serie tv, ma più un progetto a dimensione familiare, che oltre a punzecchiare ironicamente il sistema televisivo italiano per decenni, ha creato un rapporto indissolubile tra personaggi e fan e tra i personaggi e gli stessi attori. E’ un po’ com’è stato da quando la quarta stagione è stata annunciata, più di un anno fa, dopo mesi e mesi di trattative nate grazie anche al successo che la serie ha riscosso in pandemia tra le nuove generazioni che se l’erano persa per strada. Dopo il desiderio, come dicevamo, si è fomentata la paura, quella che potesse essere un grande flop, una costrizione voluta ma non dovuta. E’ vero che poi ci siamo rimangiati tutto, e per fortuna, ma ora è totalmente diverso.

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Eppure cosa ci si potrebbe aspettare da una quinta stagione di Boris? Beh, di discorsi aperti non ne sono rimasti tanti, ma non è questo il problema fondamentale. Piuttosto, bisognerebbe pensare ad un eventuale nuovo scenario, un ipotetico presente in cui René ha avuto successo grazie al suo film e decide di rivitalizzare la sua carriera, magari. Che ne so, un revival de Gli occhi del cuore ma con la qualità, per esempio. Seguito dai fedelissimi del set e con la collaborazione di Alessandro che prosegue il suo proficuo rapporto da intermediario con la fantomatica piattaforma, scervellandosi insieme a Lopez per capire come raggirare il dannato algoritmo e proporre un prodotto di qualità che stia alle regole a cui tutti i personaggi di Boris sono abituati. Un’impresa titanica, forse, che probabilmente finirebbe per essere l’ennesima monnezza della carriera di Renato Ferretti, ma che, in fin dei conti, rappresenterebbe una nuova e corretta chiusura del cerchio.

No, non abbiamo alcun bisogno di una quinta stagione

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Non scherziamo più, e non provate a illuderci o a giocare con i nostri sentimenti. Boris 5 non s’ha da fare. E’ tutto dannatamente perfetto, è un po’ come Zlatan Ibrahimovic che torna al Milan tra lo scetticismo generale ma riesce a portarsi a casa uno scudetto. E allora smetti, Zlatan, e smetti pure tu, Boris. Il cerchio si è chiuso davvero, stavolta. Tanto da farci credere che effettivamente mancasse un finale ai primi tre capitoli, nonostante niente fosse stato lasciato in sospeso. Boris è sempre stato un progetto ambizioso, in grado di riemergere dal sonno al cinema, senza macchiarsi nemmeno lì. E’ verissimo, sembra che non sia passato nemmeno un secondo, l’armonia è la stessa dei quindici anni fa, ma nel mondo della tv chi vuole troppo finisce per non stringere assolutamente nulla, nella maggior parte dei casi. Abbiamo chiesto il revival e l’abbiamo ottenuto, ma ora fermiamoci e piuttosto godiamoci questo finale, così poetico e realmente conclusivo di un viaggio che viene da lontano, che parte dalla mente dei tre autori, Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo e Mattia Torre, e che si conclude con un degno omaggio a quest’ultimo. Perché Boris è sempre stato questo, l’idea di tre amici, prima che colleghi, che hanno disegnato la perfetta rappresentazione di quel mondo così complesso ma così amato che li accomunava tutti e tre, di cui si sono sempre nutriti. Boris è televisione ed è LA televisione, una metanarrazione che omaggia l’arte di essere italiani e l’italianità.

Grazie a questo quarto capitolo si è compresa la differenza tra una serie e la fuoriserie, che aveva bisogno di un revival per esprimere ciò che era rimasto da esprimere e per abbracciare interamente tante nuove generazioni che possono comprenderla meglio di chiunque altro. Nel concreto, per quanto si possa stare a fantasticare sui mondi e gli scenari paralleli che potrebbero aprirsi in un quinto capitolo, è giusto guardare in faccia la realtà: Boris ha detto tutto ciò che doveva dirci, ogni cosa ora è al suo posto, anzi, lo era anche prima, ma questo canto del cigno ci ha dimostrato ulteriormente la potenza della metanarrazione e il potenziale della comicità italiana che, se vista in un certo modo, può raggirare qualunque banalità e reinventarsi di continuo, andando al passo con i tempi. Perciò, Boris 5? No, grazie, ma sì ad ogni tipo di rewatch estremo e perpetuo, perché la fuoriserie italiana per eccellenza è destinata a rimanere negli annali della storia della tv del nostro Paese, così com’è, senza alcun bisogno di aggiungere altro.

Per voi, le pagelle dei migliori in campo di Boris 4!

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