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7 Serie Tv che hanno una grande prima stagione e basta

C’è un detto che si adatta perfettamente alle serie tv di questo pezzo: errare è umano, ma perseverare è diabolico. Oltre che stupido, potremmo aggiungere. Non tutti i prodotti seriali, infatti, hanno bisogno di più capitoli per essere narrati e, in certi casi, una singola e ben fatta stagione è la scelta vincente. C’è un motivo per cui, negli ultimi anni, le miniserie hanno preso campo in televisione; opere brevi, ma piene di significato e che riescono a catturarci grazie ai temi affrontati e ai bellissimi e complessi personaggi. Molti degli spettacoli di questo articolo avrebbero davvero potuto essere delle miniserie di successo, se solo fossero stati fermati in tempo. Basti pensare a 13 Reasons Why, la cui l’espansione del suo universo non solo è stata una forzatura, ma ha peggiorato la situazione. E di parecchio.

13 Reasons Why non è l’unica serie tv che ci ha deluso in questo modo; qui sono presenti, oltre a quest’ultima, altri sei esempi. Non ci resta che vederli insieme.

1) 13 Reasons Why

13 Reasons Why

13 Reasons Why fu capace di colpire nel segno nel 2017, grazie al suo innovativo modo di raccontare gli eventi, all’ottimo cast e alla corretta trattazione di tematiche dure e delicate, quali bullismo, suicidio e stupro. Attraverso le cassette siamo entrati nella vita e nella mente di Hannah Baker, conoscendone ogni aspetto e svelando piano piano le colpe di amici, insegnanti e parenti, che hanno spinto la giovane a un gesto così estremo.

Il successo fu tale che 13 Reasons Why venne rinnovata, nonostante l’arco narrativo venisse perfettamente chiuso nella prima stagione. E questo la portò alla rovina.

Difatti, nella seconda, gli autori hanno provato a replicare la tecnica narrativa sostituendo alle cassette le polaroid. Nonostante i temi siano rimasti gli stessi, il risultato è stato deludente e la storia ripetitiva, con poco ritmo e senza mistero. Insomma tutto era artefatto e macchinoso. Ma se forse poteva chiudere il cerchio per i Baker con il processo, la terza e la quarta stagione non hanno né capo, né coda; piene di banali storyline confuse e di personaggi poco accattivanti (sì, proprio Ani), rovinati (Bryce ne è l’esempio più lampante), colpiti da un destino troppo crudele (come Justin).

Ed ecco che una serie tv di denuncia come 13 Reasons Why è stata declassata col proseguire delle sue stagioni a banale teen drama finito presto nel dimenticatoio.

2) Wayward Pines

Nata come una miniserie, Wayward Pines dà il nome a quella cittadina dell’Idaho apparentemente perfetta e idilliaca. Ma, come succede sempre in questi casi, l’apparenza inganna. È con gli occhi dell’agente Ethan Burke che veniamo catapultati in un ambiente distopico di cui lentamente ne scopriamo tutti gli strati, fino alla rivelazione che avverrà solo nel finale della prima stagione. Lì, infatti, dopo mille ipotesi, Ethan comprenderà la realtà spaventosa che si nasconde dietro Wayward Pines: è un rifugio in cui sono rinchiusi gli ultimi esponenti dell’umanità, prigione di cui pochi sono a conoscenza.

Svelato dunque il mistero e con la morte del protagonista, non c’era bisogno di procedere ulteriormente. La Fox, però, la pensava diversamente e decise di concedere a Wayward Pines una seconda stagione. Erroneamente.

Potremmo descriverla come poco originale, lenta, flemmatica, con dialoghi noiosi e trame inconcludenti, senza la benché minima chimica tra i personaggi. Il nuovo protagonista, Theo Yedlin, non è all’altezza del suo predecessore, cosa che ha affossato ancor di più lo show. Di misteri ce ne sono pochi da risolvere, così la trama tende ad approfondire i personaggi, con troppi flashback che sembrano un espediente per sopperire alla mancanza di una storyline decente. E il risultato è stato quello di peggiorare pure i punti deboli della prima stagione, con una seconda completamente inutile.

3) Unreal

13 Reasons Why

Unreal fu una ventata di aria fresca quando andò in onda per la prima volta nel 2015.

Veniamo trascinati all’interno di un reality show fittizio, Everlasting, dove un uomo cerca tra le concorrenti la sua futura sposa. In particolare, si apre davanti ai nostri occhi il suo dietro le quinte, facendo emergere tutte le manipolazioni tipiche di un prodotto televisivo del genere. E a cadere nelle trappole dei produttori non sono solo gli spettatori, ma anche e soprattutto i suoi partecipanti, manovrati per raggiungere un solo obiettivo: aumentare gli ascolti. Il tutto è reso tramite un mix di dramma e mokumentary, che costruisce un resoconto sarcastico del modo di fare reality. In più, ci permette di entrare nelle infinite sfumature del comportamento umano grazie all’analisi dei suoi personaggi.

Nonostante l’intrattenimento non sia mai mancato, Unreal ha iniziato a perdere colpi già dalla seconda stagione. Un po’ com’è successo con 13 Reasons Why.

I temi dello spettacolo sono stati affrontati malamente, le storyline si perdevano e si inceppavano, le trame erano sempre più al limite e irreali. Così Unreal è stata svuotata di tutta la sua forza, fino alla cancellazione inevitabile. Ed è un peccato, perché se si fosse fermata a una stagione, la ricorderemo come un prodotto accattivante e irriverente.

4) Jessica Jones

jessica jones 3

Allo stesso modo di 13 Reasons Why, Jessica Jones fu una rivelazione.

Ci viene presentata un’eroina donna, del tutto diversa da quelli che avevamo conosciuto in passato. Infatti, Jessica è sfumata, piena di paure e dubbi, complessa. Anzi, lei non voleva nemmeno essere un eroe, perché non è detto che, avendo dei poteri, debba essere per forza coraggiosa, impavida e responsabile. Se la prima stagione funziona così bene, è soprattutto grazie a Kilgrave, uno dei migliori antagonisti che la serialità abbia mai visto, merito dell’incredibile interpretazione di David Tennant.

Peccato che Jessica Jones abbia compiuto l’errore fatale di ucciderlo. E pure banalmente e deludentemente. In questo modo la serie si è privata di un villain carismatico, amato, ben fatto e perfetta controparte della protagonista. Impossibile da rimpiazzare, la sua mancanza ha fatto emergere tutti i problemi della serie che lui riusciva a nascondere. La trama era lenta, la sceneggiatura confusa, la ripetitività degli eventi insopportabile, i personaggi secondari banali e senza interesse. Se l’orribile seconda stagione non ha nemmeno provato a inserire un villain, la terza ci ha regalato un cattivo interessante in Salinger, ma non ha possibilità di competere con Kilgrave. Ne l’ha Trish. E Krysten Ritter, nonostante la sua bravura, da sola non basta. Perché un eroe ha sempre bisogno di un nemico all’altezza da sconfiggere.

5) The Following

13 Reasons Why

The Following è una di quelle serie tv che fa arrabbiare per tutto il potenziale che ha sprecato. Mescolando perfettamente elementi innovativi come Internet con altri più classici come la letteratura, le vicende iniziavano con l’evasione del serial killer Joe Carroll, il quale aveva creato attraverso i social media una rete di fedeli follower dei suoi omicidi ispirati ai libri di Egdar Allan Poe. Per catturarlo, viene richiamato l’agente che l’aveva arrestato, Ryan Hardy. Riportarlo in cella diviene un’ossessione per lui, perché sa che Joe ha in mente qualcosa di terribile, che ama manovrare, distruggere e giocare con i suoi personaggi. Solo così può finire il suo romanzo, scritto su carta e poi tradotto nel mondo reale con l’aiuto dei suoi follower.

Tra loro c’è una profonda e seducente interdipendenza, si odiano ma si rispettano, si confondono nell’altro, non possono esistere senza la reciproca nemesi. E quando morirà uno, il secondo lo seguirà.

Le basi per il successo c’erano tutte in questo thriller psicologico terrorizzante, accattivante, pieno di colpi di scena. Ma la carne al fuoco era troppa, uccidere tanti personaggi interessanti nella prima stagione non ha giovato e i nuovi arrivati – soprattutto nell’insulsa terza stagione – sono risultati essere soltanto delle brutte copie, togliendo tutta l’inquietudine dei loro predecessori. E nemmeno il rapporto tra Joe e Ryan ha salvato la situazione, lasciando poi il killer a un destino squallido per un villain di quel calibro.

6) Altered Carbon

13 Reasons Why

Altered Carbon rientra in quelle serie tv la cui storia non aveva bisogno di essere rivisitata più e più volte. Cosa che, invece, purtroppo è successa.

La prima stagione, infatti, è riuscita eccellentemente a bilanciare noir e tecnologia cyberpunk, trasportandoci all’interno di un mondo fantascientifico affascinante e dalla mitologia intrigante. Tramite il protagonista, Takeshi Kovacs, ci siamo confrontati con un universo in cui il confine tra vita e morte è superato, esplorando allo stesso tempo gli effetti di una scoperta così impattante per l’umanità. E sono stati proprio i fantasmi del passato di Kovacs ad avere un ruolo fondamentale in tutto ciò; così come questo personaggio, ottimamente costruito, è stata la carta che ha portato al successo la prima stagione.

Ecco perché, dopo quell’epico finale, appare un po’ inspiegabile il cambio di protagonista nella seconda stagione, dato che Kovacs poteva essere ulteriormente indagato. Invece, seppur lo stile sia rimasto lo stesso e nonostante un ritmo dinamico, il seguito di Altered Carbon non ha convinto, sia appunto per il cambio di attore principale, sia per una scrittura meno stimolante, sia perché la sensazione era di trovarsi davanti a qualcosa di già visto. Un brutto dejà vu.

7) Black Monday

Westworld

Con Black Monday torniamo indietro nel tempo, precisamente al 19 ottobre 1987: è il giorno denominato Lunedì Nero poiché ci fu il più grave crollo azionario di Wall Street nella storia, causando a sua volta un effetto domino sui mercati mondiali, i cui titoli scesero drasticamente di valore. Siccome non si conoscono le cause di questo evento, gli autori della serie tv Jordan Cahan e David Caspe potevano muoversi liberamente, sbizzarrendosi nella scelta su cosa raccontare e come farlo. Così, hanno creato una dark comedy intrigante, che non si lascia troppo andare a dettagli storici o critiche sociali, seguendo le vicende di un trader di nome Maurice Monroe e del giovane aspirante broker Blair Pfaff. Il primo è in cerca dell’affare della vita, il secondo è disposto a tutto per raggiungere la vetta, anche a subire le continue vessazioni di Monroe.

Ma, se la prima stagione si presenta come un gioiello della comicità, nella seconda gli autori hanno voluto strafare. Sono andati oltre l’aspetto comico della serie, raccontando il destino dei personaggi e concentrandosi su tematiche più delicate. È uscito fuori uno show caotico che, sebbene l’ottima scrittura, avrebbe dovuto finire con la prima stagione, rimanendo solo una meravigliosa e divertente miniserie evento.

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