ATTENZIONE: seguiranno spoiler sul quarto episodio di The Last of Us 2
We’re talking away
I don’t know what
I’m to say I’ll say it anyway
Today’s another day to find you
Shying away
I’ll be coming for your love, okay?

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Ci vuole molto coraggio a mettere da parte la rabbia e accettare che, semplicemente, certe verità stanno così e basta. Più coraggio di quanto non vogliamo ammettere nel prendere questo incasinato mondo e trarne qualcosa di buono, con quel poco che abbiamo. In The Last of Us serve una canzone per ridare un senso, per trovare un equilibrio diverso. Diverso come l’asse sul quale adesso si muove Ellie. Instabile e pericoloso, senza più il paracadute di Joel lì in fondo a sostenerla. Adesso tocca a Ellie essere quell’asse per qualcun’ altro, per una vita che deve ancora nascere.
Da figlia a padre e l’equilibrio si ristabilisce pian piano in The Last of Us.
Nello scorso episodio abbiamo lasciato Ellie e Dina alle porte di Seattle. Una puntata di transizione, necessaria per salutare Joel nonostante il dolore bruciante nel petto e indirizzare la storia verso una nuova strada. Su questa sentiero di mattoni fungini, Ellie e Dina si imbattono in numerosi nemici, ma nessuno di loro è amichevole quanto i compagni di viaggio di Dorothy Gale. Serafiti e W.L.F. sono nomi che si illuminano come fari a neon nelle menti dei videogiocatori e che di certo fanno risuonare tanti istintivi campanelli d’allarme in chi, invece, non sa assolutamente cosa aspettarsi.
In questo senso, Ellie e Dina sembrano rimanere un po’ sullo sfondo in una puntata che cerca, piuttosto, di gettare le basi per l’evoluzione narrativa futura e la guerra alle porte.

Seattle, 2018. In una zona di quarantena, in cui la FEDRA detta legge e morale, siamo introdotti a un mondo appena decimato dal virus. Una conversazione ridanciana tra soldati non potrebbe che sembrarci più fuori luogo, alternando un senso di cameratismo testosteronico all’insensibilità stereotipicamente militaresca. L’unico a non sorridere della battute sui “voters” è un certo Isaac (interpretato dal gemello cattivo Jeffrey Wright). Su di lui la telecamera si sofferma a lungo, mettendo in evidenza quanto appaia fuori contesto nel gruppo di soldati. Ci viene mostrato come Isaac tradisca la FEDRA per unirsi ai W.L.F. e come, undici anni dopo, nel presente, la sua personale missione si quello di cacciare e annientare i Serafini.
“Every day one of your wolves comes to see the truth and takes her into their heart. Every day a Wolf leaves you to take the holy mortification to become a Seraphite. And none of us ever leave to become a Wolf”.
Di fronte a un uomo nudo e lungamente seviziato, Isaac si lascia andare a un vero monologo da villain. Alternando un tono accondiscendente e minacce sempre più rancorose, Isaac riscalda una padella di rame sul fornello di questa neo Hell’s Kitchen per ustionare il malcapitato Serafita. Vuole infatti sapere dove si trovino gli altri membri del gruppo e quale sarà il prossimo bersaglio, ma quello non cede e rimane fedele alla causa.
W.L.F. e Serafiti. Milizia armata e setta religiosa. Corpo e anima. Forza bruta e asservimento psicologico. Due fazioni in lotta tra loro che rappresentano due diversi e opposti approcci al nuovo mondo, post infezione. In mezzo troviamo Ellie e Dina, rappresentanti dell’umanità che tenta di vivere al di là di ogni restrizione ed etichetta. Peccato però che, nel voler dare spazio a tutta questa gente, il quarto episodio di The Last of Us non riesca a dare concretamente spazio a nessuno. Si tratta certamente del tipico episodio di transizione, ma a fronte di soli sette episodi rimane la spiacevole sensazione di aver perso del minutaggio prezioso.

In mezzo, Ellie e Dina.
So needless to say
I’m odds and ends
But I’ll be stumbling away
Slowly learning that life is okay
Say after me
It’s no better to be safe than sorry
A fare da contraltare a tutta questa violenza efferata e gratuita nel quarto episodio di The Last of Us, si stagliano Ellie e Dina. Il loro viaggio attraverso Seattle continua, non senza numerosi ostacoli e spiacevoli incontri, fino al momento in cui Ellie viene morsa. La ferita fa scattare una molla in Dina che, come lei stessa ammette il mattino dopo, si rende improvvisamente conto che tutto il futuro immaginato con la ragazza potrebbe non realizzarsi mai. Non sa ovviamente che Ellie è immune, almeno non lo sa ancora perché la verità presto salta fuori. L’alternativa sarebbe una pallottola in testa.
Nel brano della band norvegese a-ha, era la voce di Morten Harket ad aver reso indimenticabile “Take on Me”. Prova di agilità canora, ma anche emotiva. Il brano, infatti, è il racconto di una relazione fragile, forse appena nata, in cui si chiede all’altro di “prendere sul serio” questo tentativo d’amore, anche solo per un giorno o due. C’è un senso di urgenza nel testo, un bisogno di essere visti, accolti, compresi, che si accompagna perfettamente alla tensione sospesa presente anche nella neo coppia di The Last of Us. Un amore appena sbocciato, delicatissimo e fragile, da tenere con cura nel palmo della mano. In mezzo al dolore, alla perdita, alla rabbia e alla violenza, The Last of Us riesce comunque a rimettere al centro i legami umani. Eppure questo idillio dura solo una notte, come l’usignolo che viene a risvegliare Romeo e Giulietta, anche Ellie e Dina sono richiamate bruscamente alla realtà da un boato all’orizzonte.