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Dope Thief – La Recensione finale del nuovo desaturato crime di Apple TV+ con Wagner Moura

Bryan Tyree Henry è Ray, uno dei due protagonisti di Dope Thief

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Dope Thief, il nuovo crime di Apple TV+!

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Dope Thief è una serie desaturata. Tende al grigio, alle tonalità spente, all’assenza di vivacità. È una scelta stilistica che vuole creare un’atmosfera cupa, asfissiante, sporca. Perché in mezzo al grigio degli agglomerati urbani, tra le vesti scialbe della città, camminano uomini senza prospettive. Racimolano speranze ai bordi delle strade, arraffano quel che possono, si dissolvono nelle tinte opache di una realtà priva di colore. Dope Thief sottintende uno stato d’animo che forse non esplode subito, ma che accompagna i personaggi nel loro percorso: la disperazione.

Ray Driscoll (Brian Tyree Henry di Atlanta) e Manny Carvalho (Wagner Moura) sono due amici di vecchia data che si spalleggiano per tirare avanti. Manny ha una fidanzata bellissima con la quale vorrebbe una vita lontana dai guai. Ray è un ragazzone che vive con la compagna del padre detenuto, l’unica persona che riesce a considerare una famiglia. È squattrinato, ma animato da una strana fiducia di poter migliorare la propria conidizione. Di poter svoltare e trascinare con sé le persone alle quali è legato. Che sono poche, ma talmente importanti da spingerlo a fare qualsiasi cosa. Philadelphia è un posto grigio e fin troppo uniforme per tipi come Ray e Manny.

Ray e la sua
Apple TV+

La città corre sui suoi binari, spazzando via ogni cosa. Non bada troppo a chi si accascia sul fondo, a chi si ferma per un istante per rimettersi al passo. La città inghiotte e cammina e non ha tempo per chi non corre veloce.

Ray si finge un imbianchino, ma in realtà si procura da vivere con le truffe. Lui e Manny, che hanno sempre bazzicato per le strade criminali della città, elaborano un piano abbastanza creativo per racimolare qualche dollaro in più: si fingono agenti della DEA, fanno incursione nelle case dei piccoli spacciatori, prendono roba e refurtiva e la portano a casa. Un solo colpo per il doppio della partita. Il rischio di essere smascherati c’è, ma gli obiettivi scelti sono sempre criminali di poco conto, spacciatori che appartengono alle ultime file della grande catena. Poveracci che non contano nulla, insomma.Ray e Manny se la cavano piuttosto bene: il travestimento è azzeccato, distintivi e pistole sembrano vere e la postura è quella degli agenti veri. Entrano nelle case, sbattono porte, si urlano cose, elargiscono buoni consigli e portano via tutto, rivendendo la roba rubata e mettendosi in tasca il denaro.

Tutto fila liscio e sembra pure un gioco divertente. La coppia si esalta nei duetti a distanza. Dope Thief sembra un buddy movie con qualche tonalità grigia di troppo ma fondamentale divertente. Poi però la posta in gioco si alza. A Manny farebbero comodo altri soldi per sposare la sua ragazza e cambiare vita. E Ray ha bisogno di racimolare qualcosa in più per contribuire alle spese della “madre adottiva”. Così, i due amici provano ad alzare la posta in palio. Cercano una soffiata per mettere le mani su una grossa partita. Un colpo grosso e basta, si dicono. Niente di così diverso dal solito.

Un vecchio amico appena uscito di prigione offre a Ray e Manny il colpo che stavano cercando.

Wagner Moura è Manny nella serie Apple TV+
Apple TV+

C’è un laboratorio di metanfetamina lontano dalla città, abbandonato nel nulla. Lì, secondo le informazioni ricevute, potrebbe esserci un buon carico di roba e tanti bigliettoni. I due amici non sono convintissimi di voler azzardare, ma lo fanno, perché cosa potrebbe mai succedere di diverso dal solito? E invece va tutto a rotoli. Il laboratorio era un obiettivo troppo ambizioso per due ladruncoli da strada come loro. Ci sono agenti della DEA sotto copertura e grossi trafficanti di droga. Partono gli spari, Ray e Manny rispondo e finiscono per ucciedere. Diventano quindi assassini oltre che truffatori. Ma stavolta hanno alle costole uno spiegamento di forze importante: la DEA, il governo, i narcotrafficanti, un gruppo di bikers e una voce metallica che li minaccia al telefono. C’è anche una sopravvissuta, l’agente Mina (Marin Ireland), intenzionata a vendicare la morte del suo partner e a scoprire la verità sull’accaduto

Avevamo detto nella recensione ai primi episodi della serie, che Dope Thief aveva tutti gli elementi per poter essere un’ottima serie. E non ci è andata lontano. Lo show è tratto da un romanzo di Dennis Tafoya, che nella prima parte viene rievocato con molta fedeltà. La firma è però di Peter Craig (The Batman, Top Gun: Maverick e soprattutto The Town), che aggiunge un diverso grado di spettacolarità rispetto alle pagine del romanzo. Il primo episodio è diretto da Ridley Scott, che fa parte del team di produttori esecutivi insieme a Brian Tyree Henry. Scott scava la prima traccia, ma poi la regia è di livello fino all’ultimo episodio, diretto dallo stesso Peter Craig. Semmai è la storia che perde un po’ il ritmo, soprattutto nella parte centrale. L’andatura diventa molto frammentaria in alcuni punti. Rallenta e poi piazza dei plot twist all’improvviso, che danno uno scossone alla cadenza altalenante dello show iniettando una dose di adrenalina inattesa.

È forse il pegno che pagano tanti crime spalmati su otto episodi, specie quelli che si presentano con un taglio cinematografico.

Una delle ultime scene di Dope Thief nella quale Ray esce di prigione e apre il suo cuore a Michelle
Apple TV+

Ma se sul piano della fluidità Dope Thief avanza a singhiozzi, sulla recitazione non le si può rimproverare nulla. Wagner Moura lo conosciamo già e lo abbiamo apprezzato in un altro ruolo drammatico nelle vesti di Pablo Escobar in Narcos. Anche con Manny riesce a entrare perfettamente in connessione con il personaggio. Le sue crisi di astinenza si sovrappongono ai problemi di cuore: Manny vuole essere una persona migliore e cerca la redenzione tra le palpitazioni stanche di una città alienante. Marin Ireland, Kate Mulgrew, Dustin Nguyen e Ving Rhames fanno altrettanto. Ma quello che stupisce più di tutti è Brian Tyree Henry, che riesce a passare dall’umorismo alla disperazione nella stessa inquadratura. Un personaggio così calato nella parte dà sicuramente un valore aggiunto a tutta l’opera.

Dope Thief ricorda vagamente i crime dei primi anni Duemila che andavano in onda su FX, anche se gli mancano la compattezza e la brutalità di certe storie veramente grigie. Ma la serie di Apple TV+ è comunque un dramma che può piacere agli appassionati del genere, che sulla piattaforma sono abituati a trovare titoli che virano più verso la fantascienza che sul crime “vecchio” stampo. Ci sarà una seconda stagione di Dope Thief? Lo show sembrava concepito come una miniserie autoconclusiva, ma l’attenzione dei fan fa scattare il dubbio sull’eventuale rinnovo. Che però sarebbe un po’ difficile da giustificare, considerando quel che accade nell’ultimo episodio.