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Caro diario,

sono io, Mark. Non riesco ancora a riferirmi a me stesso come Invincible, ma forse dovrei sforzarmi di farlo. La verità è che continua a sembrarmi un nome stupido se sono io a pronunciarlo – o a scriverlo, in questo caso. Eve mi ha chiesto perché l’ho scelto: è lungo e un po’ troppo ottimistico rispetto allo stato attuale del mio addestramento. In generale credo volesse dirmi che è un nome un po’ da idiota, ora che ci penso. Ma la verità è che l’ho scelto per mio padre. Lui è tutto quello che ci si aspetterebbe da un difensore del genere umano, probabilmente se provassi a cercare la definizione di “supereroe” su Internet verrebbe fuori qualche foto promozionale di uno dei suoi libri. È mio padre l’eroe perfetto e indistruttibile a cui mi ispiro. Non importa quante volte sia tornato a casa ferito, o quanto spesso me la sia fatta sotto trovandolo a gocciolare sangue sul tappeto del soggiorno. È lui l’eroe invincibile che voglio diventare.

invincible

Mia madre sostiene che sia ancora troppo presto per me, troppo presto per le lotte intergalattiche e gli scontri violenti con i malviventi soprannaturali. Dice che sono ancora troppo vulnerabile; “tutto questo può portare a conseguenze psicologiche serie, Mark”, mi ha detto, “non è un gioco”. Penso che non mi ritenga pronto per le Grandi Responsabilità Da Supereroe. E non sono convinto di poterle dare torto. Non fraintermi, io voglio salvare le persone, ma vederne così tante in pericolo davanti ai miei occhi per la prima volta e sentir gridare chi era ferito… mi ha terrorizzato. Mi sono detto che è normale sentirsi un po’ sopraffatti, che tornare a casa a vomitare era il minimo che potesse succedere dopo quel bagno di sangue con i Flaxani. Eppure avevo questa vocina nella testa che continuava a chiedermi se sono veramente all’altezza. Ho visto morire centinaia di persone, i Guardiani sono stati uccisi, mio padre è incosciente per la prima volta in vita sua probabilmente. E io ho paura. I supereroi non dovrebbero aver paura, no? Dovrebbero essere una linea di difesa tra le persone e il pericolo.

Invincible dovrebbe essere un punto di riferimento. Io, invece, non riesco a non farmela sotto. 

Eve è l’unica con cui posso parlarne. Sembra che la crisi da supereroe in erba abbia colpito anche lei, anche se onestamente non so se crederle. Sembra sempre perfettamente nel pieno controllo delle sue abilità, in qualsiasi circostanza. È lucida, strategica. Non sbaglia un colpo. Sono tutti così nel Teen Team e non sentirsi intimiditi da loro e da tutto questo mondo è VERAMENTE complicato. 

Non è la prima volta che mi sento dire quanto sia complesso convivere con dei superpoteri. È questo il termine che usa Eve: convivere. Convivere con il peso sulla coscienza dato dalle persone che non hai saputo salvare e con quello dato dal pensiero che chi invece è sopravvissuto grazie a te potrebbe aver perso familiari, amici, innamorati. Convivere con l’idea che la responsabilità ricade sempre tutta su di te e che non esistono le giustificazioni come a scuola. Convivere con gli sguardi perplessi degli adulti mortali che pensano di saperne più di te e con quelli saccenti dei supereroi vecchia scuola. E, soprattutto, con il pensiero che hai una forza sovrumana dentro di te e che comunque non sarai mai del tutto preso sul serio, “perché sei solo un ragazzino”. 

Quello che voglio dire è che essere un eroe non è quello che mi aspettavo e che essere Invincible non è per niente come credevo.

Avevo immaginato che nel momento in cui avrei ricevuto la mia super forza e la capacità di volare il mondo avrebbe fatto un giro su se stesso rivoluzionandosi totalmente. Che sarei stato in grado di distruggere nemici alla velocità della luce e arginare minacce mortali come se niente fosse, che sarei diventato l’idolo delle folle e che mia madre mi avrebbe guardato come si guarda una superstar. E invece, sorpresa! Non è successo niente di tutto questo. Nonostante Invincible, sono sempre il solito Mark Grayson, figlio di Debbie e Nolan, ombra del magnifico Omni-Man. Un po’ imbranato, non poi così bravo a incassare pugni e a darne in risposta. Ho solo aggiunto altre voci alla lista di cose che mi descrivono: 
incapacità a mantenersi lucido nei momenti di crisi;
terribile gusto per i nomi e i costumi da supereroe.

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Insomma, sono sempre un liceale con i vecchi, stereotipati pensieri da diciassettenne. Ho solo altri 20 chili di paure sulle spalle: una figata! E pensare che non ho neanche dei permessi speciali per la mia seconda vita da salvatore del mondo… il che ci riconduce al motivo per cui sto facendo una cosa così poco usuale per un supereroe: scrivere una pagina di diario. Se non fosse per lo stupido compito a casa della classe di letteratura non sarei qui a confessare le mie insicurezze a un foglio – e no, il fatto che avessi un diario segreto alle elementari non conta. Credevo di scrivere le memorie di un supereroe in erba e che sarebbero servite per il futuro fumetto dedicato a me. Non è ancora detto che non succeda. 
In ogni caso dovrei smetterla di vomitare su carta le mie idiozie e iniziare lavorare seriamente al mio tema, prima che arrivi Eve per la riunione coi ragazzi: non posso certo leggere questa roba in una classe piena di gente che non ha nessuna idea che io sia Invincible (e che non ha nessuna idea di chi sia Invincible in generale, probabilmente). 

Ci riprovo:
Caro diario, sono io, Mark. Mark Grayson. E su di me posso dire poco. Mi piacciono i fumetti e adoro gli hamburger. Sono appassionato di baseball, lo pratico da sempre. Credo che piaccia anche a mio padre: non l’ho mai visto fiero di me come quando facciamo due tiri. Ultimamente siamo più uniti che mai. Non come lo sono con mia madre, ma è solo perché mio padre è un uomo tutto d’un pezzo. Ora che sono cresciuto, però, condividiamo molte più cose: spero che questa vicinanza duri a lungo. In fondo mio padre è l’uomo migliore che conosca, vorrei che mi insegnasse a diventare come lui.

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