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10 cose che non hanno funzionato in Californication

Californication, serie ideata da Tom Kapinos nel 2007, interpretata da David Duchovny (X-Files, Twin Peaks) è stata una delle punte di diamante della rete televisiva Showtime fin dalla sua prima puntata. Il suo essere politicamente scorretto, i riferimenti letterari/cinematografici/musicali, le situazioni sessuali (e comiche) che i protagonisti vivono nello panorama scintillante di Hollywood l’ha portata a diventare un fenomeno di culto: si pensi alla realizzazione del libro Dio ci odia tutti (God Hates Us All) scritto dal ghostwriter Jonathan Grotenstein, versione reale dell’omonima opera del protagonista della serie Hank Moody.

Purtroppo, Californication ha però subito negli anni un incredibile calo di consensi (e ascolti), non riuscendo mai a rivivere i fasti delle prime due stagioni.

Queste sono le 10 cose che non hanno funzionato in Californication:

1) Troppo lunga?

Californication
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La storia di Californication si dipana per sette stagioni (dodici puntate a stagione, per un totale di ottantaquattro episodi). Il problema forse più grande della serie ideata da Tom Kapinos è stato quello di non fermarsi al momento giusto, presumibilmente alla quarta stagione, con il “quasi addio” alla vecchia vita sentimentale di Hank sulle bellissime note di You can’t always get what you want dei Rolling Stones. Da lì in poi Californication, già dall’andamento precario nelle stagioni precedenti, zoppica sempre più, senza riuscire a mettere la parola fine in maniera decente alla storia di Hank Moody.

2) Troppo ripetitivo

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Com’è intuibile dalla storia e da molti indizi sparsi soprattutto durante la prima stagione, Californication – e nella fattispecie il protagonista Hank Moody – sono ispirati in grandi linee dallo stile di vita e dalle opere di Charles Bukowski, fuse con una critica contemporanea allo star-system hollywoodiano. Ma la serie ha lo stesso difetto attribuibile allo scrittore americano, ossia la ripetitività di situazioni e personaggi. Hank Moody, soprattutto nelle prime stagioni, non fa altro che bere, fare sesso, litigare, mettersi con Karen, lasciarsi con Karen e riprendere di nuovo, ciclicamente. Come Bukowski in Storie di ordinaria follia appunto, in cui una serie di elementi vengono reiterati per tutto il libro.

3) Il rapporto Hank – Karen

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I due protagonisti di Californication nel giro di sette stagioni si lasciano e rimettono insieme un’infinità di volte. Il loro rapporto si basa sul farsi male a vicenda, sulla poca serietà di Hank e sulla passiva accettazione (salvo sporadici casi) di Karen. Aver indugiato troppo su questo aspetto e portandolo alle lunghe (si veda il punto 2 sopra) la storia diventa sempre più noiosa, nonostante tentati colpi di scena come la fugace storia tra Eddie Nero e Karen o il matrimonio di quest’ultima con il “pansessuale” Richard Bates.

4) Le (alla lunga) fuori luogo situazioni sessuali

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La forza di Californication, già dal titolo, è quella di aver portato il sesso (con tutti i suoi piaceri, perversioni e devianze) in primo piano e con tono leggero in una serie televisiva. Il fatto di per sé è un punto a favore di ogni episodio ma anche in questo caso, come detto sopra, la ripetitività porta a situazioni inutili ed evitabili per la loro assurdità: ad esempio nell’episodio 2×06 Una controfigura per Daysy, nel quale Charlie Runkle è costretto a girare la scena finale di un film porno.

5) Aver abbandonato troppo presto personaggi interessanti

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Mia Lewis e Lew Ashby sono i personaggi che ruotano intorno al mondo di Californication nelle prime tre stagioni. Mia è la figlia del nuovo fidanzato di Karen, ha un rapporto sessuale con Hank (nel primo episodio della serie) ed è il motivo per cui quest’ultimo andrà in prigione. Dalla quarta stagione in poi, di lei si avranno solo notizie di seconda mano e praticamente scompare, senza lasciare tracce.

Sorte analoga capitata a Lew Ashby, produttore musicale dedito a droghe ed alcool, alter-ego di Hank e vero co-protagonista della seconda stagione, la quale purtroppo si chiude con la sua morte. Un personaggio che senza dubbio poteva ancora dare molto a Californication, piuttosto che essere utilizzato come “fantasma” nella quinta stagione.

6) L’improbabile stagione di Hank professore universitario

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La terza stagione di Californication, oltre al tragico finale in cui Hank viene portato in carcere con l’accusa di abusi su minore, viene ricordata per uno dei punti più deboli di tutta la serie, ossia l’assunzione del protagonista in un’università per lezioni di scrittura. Il volutamente stonato accostamento tra il pigro e rissoso Hank e l’ordinato mondo accademico risulta essere interessante per i primi episodi della stagione, grazie anche all’inserimento di attori di rilievo come Peter Gallagher e Kathleen Turner, ma comunque dopo qualche puntata le situazioni ricominciano sempre ad essere le stesse, portando alla noia.

7) Levon, il figlio di Hank che esce fuori alla settima stagione

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La settima e ultima stagione di Californication vede il protagonista impegnato a scrivere una serie televisiva con un team di autori e, soprattutto, a confrontarsi con l’ennesimo colpo di scena nelle sue relazioni sentimentali: un figlio di vent’anni del quale non sapeva l’esistenza. Il personaggio potrebbe anche essere interessante in teoria, ma risulta troppo stereotipato e soprattutto troppo diverso dal padre biologico. Insomma, sembra essere nient’altro che un espediente tirato fuori all’ultima stagione dagli autori per allungare in qualche modo la trama fino all’ultima puntata.

8) Aver utilizzato poco il personaggio di Atticus Fetch

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Questo è una delle peggiori pecche di Californication. L’eccentrico Atticus Fetch, interpretato magistralmente dal cantante e comico Tim Minchin, è forse uno dei personaggi meglio riusciti di tutta la serie, sicuramente il perno su cui ruota tutta la sesta stagione. La sua comicità alternata ad una patina di malinconia lo rende unico all’interno del contesto su cui si basa Californication (senza dimenticarsi che sarà “l’officiante” delle nuove nozze tra Charlie e Marcy). Purtroppo però viene inspiegabilmente tagliato fuori dalla storia alla fine della stagione.

9) Il passato di Hank

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Nel corso della serie, lo spettatore rivive solo due momenti del passato di Hank: i primi mesi a Los Angeles durante i quali collabora alla riduzione filmica di “God Hates Us All” (e in cui si viene a sapere dei rapporti del protagonista con il padre) e i giorni in cui scopre insieme a Karen la futura nascita della figlia Becca. Un po’ troppo poco per una serie che si propone anche di mettere a fuoco i problemi che negli anni hanno portato Hank a diventare ciò che è.

10) L’idea troppo tardiva della “serie nella serie”

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Una delle migliori idee di Californication è stata sicuramente quella di far entrare Hank Moody all’interno dello stesso mondo di cui è, ovviamente inconsapevolmente, protagonista: Hank accetta di far parte di un team di sceneggiatori per la stesura di una serie televisiva dal titolo Santa Monica Cop. Un’idea molto suggestiva quella della “serie nella serie” (già presente in lavori televisivi di successo come 30Rock o l’italiano Boris) ma che ha un difetto: arriva solo durante l’ultima stagione